I RACCONTI DI ATHOS            I RACCONTI DI ATHOS            I RACCONTI DI ATHOS            I RACCONTI DI ATHOS

Athos & Glenn Cornick

I RACCONTI DI ATHOS
di Athos Enrile

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"Sento l'esigenza di recuperare il tempo perso e questa avventura tra il virtuale ed il reale mi affascina molto..."

Athos & Clive Bunker

9 - Jimi Hendrix & Jim Morrison - Savona, ottobre 2007
8 -
Lincoln Quartet in concert - Noli, 27 luglio 2007
7 -
Le mie impressioni sul concerto di Patty Smith...!? - 7 luglio 2007
6 -
The Who in concerto: E' andata così! - 27 giugno 2007
5 -
Ho conosciuto Glenn Cornick nel settembre scorso...! - 15 maggio 2007
4 -
Entrando in un negozio di strumenti musicali... - 21 aprile 2007
3 -
Brividi e lacrime sulle note di Clapton - 21 marzo 2007 (da www.genovainedita.it/)
2 - Magia del Natale: Virginia e i Jethro Tull - 24 dicembre 2006
1 - Convention 2006: Sognare costa poco - 25 settembre 2006



9 - JIMI HENDRIX
Savona, Ottobre 2007

Da alcuni giorni leggo in contemporanea due libri.
Uno lo tengo a casa ed uno l'ho portato in ufficio, per sfruttare la pausa che non utilizzo per mangiare.
Non ci sono trame intriganti da seguire, e nemmeno trattati filosofici.
In quel caso non riuscirei a concentrarmi in doppio.
Si tratta invece di biografie o di utilizzo di elementi oggettivi per raccontare una vita.
I libri mi sono stati regalati, entrambi da mia moglie, che ha captato il mio momento.
Ed il mio momento suggerisce a chi mi segue con attenzione, che piu' di Grisham e Falletti, ho bisogno di musica, a 360 gradi.
Sto scoprendo artisti che conoscevo solo di nome ed i vecchi filmati che trovo in rete mi riportano al periodo piu' bello della vita, quello della giovinezza, delle speranze, del mondo ancora da scoprire, dei genitori presenti, degli amori passeggeri e ….della spensieratezza.
Questa mia voglia di antico e' forse la necessita' di aggrapparsi a qualcosa che, obiettivamente, sta scemando, con mio grande rammarico.
Inutile sottolineare cosa.
Questi libri contribuiscono a mettere a fuoco le immagini di persone diventate miti…. passando a miglior vita.
La prima opera, trovata sotto l'albero di Natale, racconta la vita di Jimi Hendrix.
Si intitola "La stanza degli specchi" ed e' scritto da Charles Cross.
Sono a ¾ di libro, ma sono ormai al 1969 ed io ricordo perfettamente quel giorno di settembre del '70, quando si diffuse la notizia della morte di Jimi.
Io avevo da poco visto il film " Woodstock" e quindi sapevo bene chi fosse Hendrix, anche se avevo solo 14 anni.
Nella lettura sono quindi ad un anno dal decesso e non ho trovato ancora niente di bello in quella vita.
Le star sono irraggiungibili e facilmente invidiabili, ma io non penso ci sia qualcosa da rubare in quell'esistenza.
Qualita' tecniche mostruose, genio musicale, artista, compositore ed interprete rivoluzionario, uomo capace di segnare una svolta nell'utilizzo della chitarra elettrica.
Leggendo di lui ci si aspetta un 'infanzia difficile ed una morte precoce.
Tra i due opposti si pensa ad una vita da favola.
Niente di tutto questo.
Infanzia da fame e senza regole.
Morte in pieno eccesso e trasgressione .
Fatica enorme per arrivare, attorno ai 25 anni , ad essere conosciuto ed apprezzato.
Ecco cio' che mi ha impressionato, una gavetta lunghissima, tra stenti di ogni genere e con pochi affetti certi, e nessuna possibilita' di godere della proprio immensita'.
Altre rock star contemporanee sono ancora in auge e vivono nel pieno del successo, con qualche pausa e tanta luce.
Lui no.
Un vita davvero brutta che non auguro a nessuno .

La seconda biografia e' quella di The Doors ed il titolo e' "Le porte sono ancora aperte", di Fabio Rapizza e, attraverso la rilettura della loro opera, disco dopo disco, si racconta soprattutto di Jim Morrison.
Anche in questo caso si parla di una vita breve, piena di eccessi e follia, con talento buttato alle ortiche.
Se nel caso di Hendrix si possono cercare di capire i disagi legati a genitori precari e nessun binario da seguire, nel caso di Morrison l'accenno all'educazione e' irrisorio .
Leggendo di quei tempi, per me comunque affascinanti, mi viene da chiedere come fossero possibili certe liberta' e come l'influenza di una madre e di un padre fosse davvero trascurabile.
Cultura americana? Cultura anglosassone?
O forse non c'erano le famiglie, cosi' come le intendiamo ora?
Pensare alle "groupi", magari neanche maggiorenni, passare da un letto ad un altro delle diverse rock star e' cosa davvero impensabile.
Pensare ai fiumi di alcool, acidi e droghe varie, senza limiti, e' elemento al di fuori del mio modo di vedere.
Quando un tempo mi aggiravo vestito da hippye tra gente persa, agghindato in modo pittoresco, con i lunghi capelli sulle spalle, con addosso l'uniforme da concerto, tutto avevo in mente tranne che il farmi del male.
E ne avrei avuto la possibilita'.
Ma il mondo di allora, quello descritto nei libri di Hendrix e Morrison, e' qualcosa da cui fuggire e non puo' rappresentare esempio per nessuno.
Nessuno che abbia una testa per ragionare.
Mi sono rimasti impressi due piccoli esempi di follia comune.
Il primo vede Hendrix ed il suo gruppo rientrare in hotel alla fine di un concerto.
Nel tragitto la Limousine viene affiancata da un'altra auto con ragazze a bordo che mostrano cio' che rappresentano, attraverso una scritta su una borsa.
Sono famose per la preparazione di un calco che riproduce, in gesso, le dimensioni del pene delle rock star.
Tutti si ritrovano nella stanza dell'hotel ed e' descritta la scena della realizzazione del calco di Jimi e delle varie operazioni annesse.
Difficile commentare, ma per mia deformazione mentale, ho provato a pensare a cosa ci fosse dietro a quelle vite.
Eppure non sono un moralista del cavolo e adoro gli eccessi....controllati.

La seconda scena riguarda i Doors e ritrae il gruppo in sala di incisione.
Morrison e' ubriaco, come sempre, ed e' sotto acido.
Gia' questo e' per me detestabile.
Al produttore viene in mente di sfruttare al massimo le capacita' vocali di Jim e pensa al modo di rendere " piu' calda" e sensuale la sua voce, in un pezzo particolare.
Questo genio propone a Jim, isolato nel suo vano di incisione, di procurarsi un rapporto orale, durante l'esecuzione.
Naturalmente c'e' dietro all'angolo chi non aspetta altro, e viene cosi' descritta questa situazione (pare pero' che sia una voce non verificata) che portera' al non terminare la canzone…ovviamente.
Leggende? Mezze verita'?
La realta' a volte e' peggio di come la si descrive.

La lettura di queste storie rappresenta per me un diverso inquadramento del mito, sicuro che gli avvenimenti proposti, seppur crudi, abbiano ricevuto un vestito presentabile.
Ma di bello vedo solo la musica , la loro musica.
Io ho la possibilita' di scegliere cosa prendere di loro, e mentre afferro a man bassa parti della loro opera tangibile, fuggo idealmente da cio' che odio profondamente , dal disordine mentale dall'autodistruzione, dalla mancanza di capacita' di vedere oltre, dagli sconvolgimenti voluti, dall'egoismo.
Nella mia vita non ricordo di aver conosciuto personalmente un genio e di questo non mi dolgo, perche' non apprezzo i grandi picchi verso l'alto, seguiti da interminabili punte verso il basso.
Io scappo dal "genio e sregolatezza" e voto l'equilibrio, equilibrio ad ogni costo.
Ma poi , e' meglio un giorno da leone o cento da pecora?
Tra il bianco ed il nero ci sono infinite sfumature.
Forse abituarsi ai colori di passaggio potrebbero essere una saggia scelta!!!
Athos Enrile

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8 - LINCOLN QUARTET IN CONCERT...!!
Noli, 27 luglio 2007
Vedi anche intervista
: http://www.mentelocale.it/musica_notte/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_18434

Ho chiesto un favore a Lincoln, webmaster del sito.
E' la prima volta che lo faccio , ma non mi sembra un peccato grave.
Gli ho chiesto di poter inserire in una pagina qualsiasi, nello spazio ritenuto opportuno, un commento al concerto della sua band , svoltosi a Noli, in Liguria, il 20 luglio.
All'interno del forum mi sono già espresso, ma in maniera generica, e poi la disposizione di un "Forum" è per definizione dispersiva e le notizie si autonascondono dopo poco e si perde l'occasione di valutare correttamente il lavoro di artisti apprezzabili, non necessariamente inquadrati con etichetta Tull.
Immagino un pò di titubanza e di imbarazzo nel trascrivere in una pagina di sito qualche "bella espressione" che riguarda chi operativamente sta svolgendo la compilazione del format , ovvero di parlare di se stessi, magari rischiando di autoincensarsi, ma per opera di terza persona.
E poi, se conosco un poco la modestia di Lincoln…
Ma ho pensato che nessuno mi paga per le piccole cose che scrivo, nessuno mi spinge, tranne il mio amore per la musica, la mia malattia, che ha diverse componenti, tra cui spicca e sovrasta il "morbo Jethro Tull".
E se riporto le mie impressioni su tutti i concerti che ho la fortuna di vedere, da Emerson agli Who, perchè non dovrei raccontare il mio weekend di fine luglio, a Noli e Savona, con artisti che oltre a vedere sul palco, ho conosciuto un pò meglio nel lungo postconcerto?
Se qualcuno sta leggendo ciò che ho scritto, vorrà dire che la mia richiesta è stata accettata e ne sarò felice.
L'idea di un concerto in Liguria mi è nata a fine anno.
Avevo assistito alla Convention di Novi e tra i tanti miti irraggiungibili avevo visto all'opera artisti minori, se il maggiore ed il minore si stabilisce attraverso la fama.
Nel corso del set acustico del pomeriggio, avevo apprezzato Vercesi ed i suoi ospiti, Lincoln e Lelli, Mocchetti e Perlini.
Incantato, avevo seguito le varie performance, ed avevo filmato il possibile.
Alcuni di loro si erano esibiti poi alla sera, sul palco "degli adulti" e ricordo di essere entrato un pò in confusione.
Pur essendo cosciente che le mie riflessioni non potevano essere molto tecniche, non riuscivo davvero ad intravedere le differenze, suggerite dal nome, tra le star ed i comprimari, fossero Lincoln, Lelli o i Beggar's. A me sembravano tutti ottimi professionisti.
Enfatizzo che la cosa più convincente per me, qualunque sia il concerto a cui assisto, sono le emozioni che provo, indipendenti da un calo di voce o da un dito che pigia sul tasto sbagliato.
In questo caso specifico, l'esperienza di Novi mi ha "sconvolto".
Nei mesi a seguire ho avuto l'opportunità di conoscere meglio il mondo del fan club, ed ha incominciato a balenarmi nella testa l'idea di organizzare qualcosa di musicale nella mia zona, e cioè Savona e dintorni.
Era forse novembre e Lincoln si dimostrò ben disposto verso questa possibilità, anche se avevo il dubbio che, per atto di cortesia, non fosse stato capace di bocciare la mia idea.
In fondo Venezia non è poi così vicina e per chi ha altre attività professionali un concerto a 400 km di distanza potrebbe essere un problema.
La settimana prima di Natale, nel bel mezzo della visita ad un presepe vivente, trovai un iscritto al fan club, presente anche lui a Novi, e gli chiesi cosa ne pensasse.
Lui entusiasta ne parlò immediatamente con l'amico accanto, casualmente assessore di qualcosa, di un paesino vicino.
"Siii, certo, bellissima idea…..facciamo così….."
Tante parole e basta.
Mi resi ben presto conto di non avere l'esperienza necessaria per condurre in porto la cosa e accantonai l'idea.
Ricominiciai a pensarci attorno a marzo quando, trovandomi a cena col mio amico Ambrogio, sindaco di Noli, la buttai lì timidamente, avendo cura di sottolineare che non mi sarei offeso per il suo rifiuto.
Immagino quali siano i vincoli di un gestore di una città, dal "rumore" che infastidisce il vicinato alla viabilità, dalla soddisfazione del turista estivo sino alla necessità di incastrare tutti gli impegni già programmati.
Insomma, non volevo che fosse un favore a me, ma un piacere condiviso.
I vari collaboratori di Ambrogio mostrarono interesse ed a questo punto mi defilai, lasciando ai professionisti il compito di relazionarsi.
Ed arriviamo al 20 luglio….in un lampo.
Ho cercato di fare tutta la pubblicità possibile perchè sentivo un pò di responsabilità.
Potevo andare a sentire il Lincoln Quartet a "casa " loro, e se ho cercato la via opposta era solo perchè so quanta gente a me vicina, ami il genere prog, giovani e meno giovani, e trovavo che condividere con tanti amici un evento simile sarebbe stato "da ricordare".
Sono le 18 e salgo sul palco in allestimento cercando di capire se va tutto bene e se posso essere utile.
Lincoln mi presenta Lelli, Gobbato e Smaniotto e perde un pò di tempo ad illustrami strumentazione ed effetti, cioè la mia passione primaria.
Noli è nel pieno del boom estivo ed è davvero suggestiva, così come appare triste ai miei occhi nei mesi invernali.
Il palco è in un piccolo anfiteatro di pietra ed il centro della piazza è destinato alle sedie.
Mi tranquillizzo un pò, dopo aver pensato per giorni che forse lo spazio a disposizione era poco, o forse troppo.
Ritorno a casa a recuperare moglie e figli, di solito siamo tutti assieme nei momenti che contano, e anche un concerto può avere valenza assoluta.
Manca un'ora al concerto e mi guardo attorno sperando di vedere le facce che idealmente avevo contato.
Ma forse è presto.
Facciamo la conoscenza delle donne dei musicanti ed entriamo in veloce sintonia con Angelica, Erika, Paola e Michela.
Si aspetta il buio per iniziare, mentre arrivano alcuni miei compagni di scuola ed altre facce note.
Nel corso della mattinata, avevo avuto il flash dell'ultimo minuto e avevo pensato a riprendere l'evento.
Ma come fare…non personalmente per non distrarsi, e nemmeno con un professionista, troppo complicato!!!!
Mi viene in mente il mio collega Vescovi, nobilitato dal fatto di essere cugino di Joe, mitico tastierista dei Trip, gruppo prog dei 70, con cui suonò pure Blackmore.
Sono felice del suo assenso perchè è tipo molto preciso e tecnologico ma…..mancano 15 minuti e lui non c'è!!!.
Mi avvisano che è altrove e intendo che mi ha gabbato per qualche giro con tanto di famiglia.
Scoprirò a posteriori la verità, ridendo di gusto per la scenetta che merita di essere descritta…eh sì, perchè anche questa ha già fatto il giro del mondo, del mio mondo, ed ha procurato vignette che resteranno per sempre, come questo mio commento.
Il mitico Vescovi, convinto che il concerto fosse alla fortezza del Priamar, a Savona, cioè a 12 km da Noli, partì da casa per tempo, a piedi per non aver problemi di posteggio, pieno di valige e valigette, come un vero reporter/cameramen.
Arrivato sul luogo, non vedendomi, usò tutte le armi possibili per entrare, del tipo …."sono amico di….devo fare un servizio a……", e riuscì a far valere le sue ragioni.
Ma la scena da vignetta è quella che vide sempre lui, Vescovi, uscire quasi di peso dalla fortezza, accompagnato fuori dalla sicurezza, per mancanza di pass.
Sempre nella vignetta è presente la moglie che, dopo tutto il racconto conclude con:"sei proprio un coglione…"
Risultato, nessuna ripresa per il Lincoln Quartet, ma tante fotografie.
Il concerto sta per iniziare, la piazza è piena, vedo tanti amici, ma sono un pò deluso, anche adesso, mentre scrivo.
Dei 1000 esperti di musica, quelli che si occupano quotidianamente di questi eventi, musicisti, musicofili, gente entusiasta del mio mini progetto…beh, molti hanno optato per la sagra della frittella, della cozza ripiena o della melanzana al forno e mi è un pò dispiaciuto.
In compenso è successo un piccolo miracolo ed ho ritrovato in un sol colpo il batterista ed il bassista con cui iniziai a suonare a 17 anni, gente che non frequentavo da anni.
Segno del destino?
Riprenderò a suonare?

Riprendo ora stralci del commento inserito nel forum:

…… conoscere personalmente questi 4 artisti me li ha fatti apprezzare da diverse angolazioni , non solo musicali, ma il concerto ha suscitato davvero emozione, in me e in tante altre persone presenti.
Questo era lo scopo del Lincoln Quartet.
La scaletta prevedeva molti classici, dal primo album sino all'ultimo lavoro solista di Ian, passando dai pezzi più ritmici, sino al set acustico ed al riassunto del concept album"Thick as a Brick", con una divagazione su "The house of the King" dei Focus, in passato erroneamente attribuita ai Jethro .
Lincoln canta, suona l'Ibanez e la Ovation dettando i tempi giusti.
Lelli, appare il clone di Anderson, e non certo per la bandana ed il gilet colorato.
Gobbato svolge un lavoro impressionante e oltre a contribuire come ovvio alla sezione ritmica, riesce a far diventare il suo basso a 6 corde un ulteriore elemento solista.
Una parola a parte per Smaniotto che a 23 anni si esibisce col piglio del batterista di lungo corso, mettendo a frutto gli insegnamenti di Clive Bunker, prima batteria dei Tull ai tempi dell'isola di Wight, con cui spesso si confronta.
La piazzetta è piena di gente variegata, come età e come tipologia di ascoltatore, ma alla fine anche i turisti che si aggirano nei vicoli di Noli, attirati dai suoni e dalle atmosfere create da Lincoln e company, rimarranno a bocca aperta davanti a tanta "sapienza musicale".
Una Bourèe come quella ascoltata è davvero coinvolgente!
"Locomotive Breath" segna la fine del concerto, che avrà un'appendice per effetto del bis richiesto.
Alla fine tante foto, tanti complimenti e tante curiosità da soddisfare .
Si presenta persino un gruppo di membri del "Fan Club" che, leggendo la notizia sul sito, non ha perso la bella occasione.
Tutto è andato per il meglio e anche le autorità locali sono apparse soddisfatte per aver vinto questa specie di scommessa.
La mattina ritrovo il gruppo a Noli per commentare la serata .
Camminare risulta complicato perchè le domande dei presenti al concerto continuano.
Loro sono disponibili e traspare soddisfazione per la situazione.

Abbiamo passato assieme un pomeriggio al mare, con l'unica medusa dei Bagni Nilo incappata in Michela, e con l'unico catrame dell'arenile sui piedi di Giacomo.
Cenetta nel centro storico e visita alla fortezza del Priamar, quella del mitico Vescovi.
Nello stesso palco dove 2 giorni prima ho potuto apprezzare John Mayall, è in corso una gara canora tra "donne che interpretano Janis Joplin".
Lo scenario è affascinante e l'acustica non è da meno.
Provo ad entrare nella testa di Lincoln , Giacomo e Iacopo (Manuel è rientrato al mattino) e li immagino proiettati on stage.
Ma il loro palco, per questa notte di fine luglio è solo la strada.
Ci piazziamo nei giardini adiacenti alla spiaggia, e gli strumenti escono fuori dalle tasche senza fondo.
Troviamo una panchina, una palma ed un lampione .
Poi serve una chitarra ed un flauto…..purtroppo manca un basso, o meglio, la sua amplificazione.
La custodia rigida è aperta a terra, come se lo scopo fosse una raccolta di soldi.
E' mezzanotte e anche se è piena estate la gente latita, preferendo il letto o i paesi della riviera.
Ma che importa…parte "Bourèe", a cui si aggiungeranno altri 3 pezzi, mentre Angelica si sta addormentando e forse vorrebbe essere altrove.
Ho filmato tutto, almeno questa sera.
Ci salutiamo, mentre anche i miei bambini stanno crollando. Resta un pò di tristezza dopo il commiato.
Anche questa volta la musica l'ha fatta da padrona, diventando inoltre il veicolo per nuove conoscenze .
Un fine settimana da ricordare!

Athos Enrile

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7 - LE MIE IMPRESSIONI SUL CONCERTO DI PATTY SMITH...!?
Savona, 7 luglio 2007

Da due ore e' terminato il concerto di Patti Smith e di getto butto giu' le mie impressioni.
Inizio dalla fine , dal primo bis , da quel "A Perfect Day" del di lei amico Lou Reed , una canzone che da un paio di mesi e' diventata per me l'esemplificazione di come l'apparente semplicita' di 4 accordi , una bella melodia ed un testo importante al di la ' delle parole, possano dare il senso ad una giornata mediocre.
"La giornata perfetta " e' quella che Patti racconta di aver passato a Savona, accarezzando il mare e assaggiando del buon pesce.
Sembra quasi innamorata della nostra citta',anche se nelle parole del presentatore c'e' uno strano abbinamento tra l'impressione positiva ricevuta ed il giro nel nostro Comune(inteso come palazzo di chi governa la citta').
Bizzarie della comunicazione….o cattiva predisposizione all'ascolto.
Lo stesso presentatore cita una vecchia frase raccolta dal chitarrista di Janis Joplin il quale asseriva che Janis, una volta ascoltata, non si sarebbe mai piu' dimenticata.
Tale concetto era ora trasportato su Patti ed io mi sono trovato a sperare fermamente che fosse vero.

Ci sono ancora posti vuoti quando il gruppo entra e lei appare con grande semplicita'.
Sono abbastanza lontano per distinguere i particolari e dalla mia posizione lei appare molto….molto piu' giovane.
Il fisico e' sempre asciutto ed i capelli sembrano meno bianchi di qualche anno fa.
Si muove come se il tempo non fosse passato e dalle prime note rilevo un fatto che mi soddisfa appieno.
Le vecchie star che si riuniscono o che comunque proseguono da molti anni, quelle dell'eta' della Smith intendo, presentano forti lacune proprio dal punto di vista vocale.
Lei no, e' sicura, chiara nel timbro, e per un attimo, chiudendo gli occhi, ho risentito quella stessa identica voce che mi aveva colpito negli anni 80, quando Patti era catalogata nella sezione punk.
Il gruppo che la accompagna mi sembra inizialmente un mero contorno.
In realta' ho assistito ad uno interscambio continuo di strumenti come mai avevo visto.
In 3 hanno ruotato piu' volte chitarre, basso e tastiere, mentre il batterista, nell'ultimissimo pezzo,Helpless di Neil Young, ha sfoderato la sua competenza su una piccola fisarmonica.
Lei ha trascinato il pubblico…..quasi da sola.
Ha presentato i suoi pezzi piu' conosciuti, "Because the Night" ,"Dancing Barefoot", "People have the Power" nel penultimo bis e ha trascinato con alcune cover.
Ho captato il riff di "Voodo chile" di Hendrix, un paio di volte"Gloria" di Van Morrison , cantata assieme al pubblico e…."Gimme Shelter degli Stones.
Con quest'ultima, suonata piu' o meno a meta' concerto,il pubblico ha cambiato assetto e la cosa non mi ha entusiasmato.
Mi riferisco al fatto che non e' piu' stato possibile seguire da seduti un concerto non certo a buon prezzo.
La voglia di moversi e staccarsi dalla comoda postazione e' un buon segno , apprezzabile e condivisibile, ma… non ho piu' visto niente.
Mi piace seguire i movimenti sul palco, ricercare gli sguardi, i gesti tecnici,le sfumature, la completa dinamica del concerto.
Questa sera tutto questo mi e' un po' mancato .
Non mi sono mancate pero' le forti emozioni, le atmosfere rarefatte, il ritmo marcato tipico del rock ed una voce incredibile.
Lo smalto e' intatto e alla fine mi e' risultato chiaro il motivo per cui l'aspetto giovanile di Patti Smith mi abbia colpito cosi' tanto: la sua voce inossidabile,unitamente alla sua immagine cosi' fresca, rappresentano la speranza che io possa godere ancora per molto tempo questo rock che nessuno riesce a proporre come i "vecchi" miti della mia giovinezza, ancora sulla cresta dell'onda.
Lei saltella sul palco,sputa come solo in Corea mi e' capitato di vedere,strappa le corde della stratocaster e distribuisce poesie e pensieri, dialogando col pubblico e sorridendo dolcemente.
Ricorda a tutti , ripetutamente , che "il potere e' nelle mani della gente", ed il suo messaggio antico si interseca con la proposta della serata , col tema della soliderieta', con il ruolo "delle donne nel mondo".
"People have the power"….e' questo l'ultimo pensiero, dapprima sussurrato e poi urlato a tutta voce.
Il concerto mi ha toccato pancia e cuore…forse nervi, ma poca testa , e questo urlo finale , questo evidenziare il ruolo e l'importanza della gente, ha rappresentato per me l'apice della performance che niente aveva da spartire col vero messaggio di Patti.
Questo e' il mio modo di vivere i concerti, con trasporto e autocritica.
Pero', e' stato un sollievo osservare tanti personaggi autorevoli davanti a me , dapprima super composti e via via che il tempo passava trasformati , scalmanati, col sorriso vero dipinto sulle labbra.
Sto parlando di autorita' locali , ingessate dal ruolo istituzionale,ma disinvolte tra il buio imperante.
Magia della musica,magia del rock.
Stasera, magia di Patti Smith.
Athos Enrile

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6 - THE WHO IN CONCERTO: È ANDATA COSÌ...!!
Savona, 27 giugno 2007

Lunedi' ho assistito al concerto degli Who, all'Arena di Verona.
Se retoricamente mi venisse chiesto:"Come e' andato il concerto?", ed io rispondessi con la rigida successione degli eventi, descriverei un disastro.
In realta' ho assistito, forse, al miglior concerto a cui ho partecipato.
La mia affermazione ha bisogno di un po' di preparazione, ed e' comunque rivolta a chi, come me, valuta al di la' dei tecnicismi esasperati che certi miti sono in grado di fornire sul palco. Ho iniziato a pensare a questo evento molti mesi fa, prima ancora che i biglietti fossero in vendita.
Lo idealizzavo come forte sollecitazione di memoria e cuore.
Non avevo ancora 10 anni, quando dal registratore a bobine dei miei genitori comparve, tra le altre cose, "Substitute".
A quell'eta' iniziavano i miei primi "pruriti " musicali e gli Who, cosi' come molti altri gruppi, non mi hanno piu' abbandonato, avvolgendo la mia immaginazione con musiche e drammi variegati.
Questa condizione mi ha spinto a comprare 2 biglietti nei migliori posti possibili, all'apertura delle vendite on line.
Due biglietti senza sapere se a distanza di mesi sarei riuscito a spostarmi, due biglietti senza sapere a chi fosse destinato il secondo, ma con la speranza della partecipazione di un familiare, per poter condividere l'esperienza.
Per una serie di circostanze , alla fine ho chiesto a mio figlio che ha quasi 10 anni…..la storia si ripete.
Lui sa gia' chi era Keith Moon "per colpa mia", e dopo aver visto alcuni filmati lo ha soprannominato il batterista pazzo.
Comunque accetta di seguirmi, anche se ho la sensazione che voglia farmi un favore.
Poco importa, penso, sapra' rivalutare col tempo questa esperienza, qualunque cosa accada.
Arriviamo a Verona col sole e ci avviciniamo al luogo dell'evento per sentire l'atmosfera.
Appena possibile entriamo , e sono forse le 20.
Mentre un trio di rocchettari americani si esibisce, mi guardo attorno e l'emozione sale.
Non vedo nessun altro bimbo in giro e faccio notare al mio piccolo quanto sia fortunato.
Chissa' se condivide.
Il cielo rumoreggia , ma sembra ancora sereno e alle 21 .15 "The Who" iniziano.
Le prime gocce arrivano con "Substitute" e siamo solo al secondo pezzo.
Ci copriamo, ombrelli e k-way, immaginando che il problema sia solo nostro e che il palco coperto assicuri la protezione adeguata, ma non e' cosi', ed il vento completa l'opera, ed anche lo stato di sicurezza viene a mancare.
Alla quinta canzone i riflettori si spengono e Pete si congeda dicendo qualcosa del tipo:"Di solito siete voi a bagnarvi e non io!!!".
Ed e' il diluvio. Ripariamo tutti nei meandri dell'Arena, delusi e quasi certi della sospensione.
Cerco le parole per giustificarmi davanti mio figlio, ma non servono, lui si sta divertendo lo stesso.
Dopo forse un ora, i movimenti nei cunicoli fanno capire che si rientra.
La maggior parte del pubblico e' rimasta sulle gradinate, in speranzosa attesa.
Qualcuno dal palco ci dice che lo spettacolo riprendera', mentre si asciugano strumenti e pavimento.
Un sospiro di sollievo.
E loro rientrano e ripartono le immagini di sottofondo, quelle proiezioni che purtroppo non ho potuto godere appieno per mancanza di visibilita'.
Si riparte con" Behind blues eyes" , ma ….ecco il dramma di Roger. La voce e' sparita, nascosta dal freddo e dall'acqua di questa sera maledetta.
Daltrey smette di cantare e impreca, mentre gli altri lo guardano attonito.
Non e' il capriccio di un divo, ma l'impossibilita' di dare il meglio di se' davanti al tuo pubblico, un pubblico che aspetta da 40 anni.
Si ritirano e dopo poco Pete si ripresenta sconsolato sul palco, accompagnato da uno pseudo traduttore.
"Roger non c'e' la fa, la voce e' andata via, siamo veramente dispiaciuti.."
E' il dramma per tutti ora.
Ma uno spiraglio si apre e Towsend ci chiede di aspettare ancora qualche minuto. E continua a piovere.
Ormai siamo tutti in piedi e si guarda il palco come possibile, nel mio caso tra le aperture lasciate dagli ombrelli.
Rientrano sotto un coro di applausi e urla e l'alchimia si compie.
La scaletta non e' piu' quella originale , ma si propongono i pezzi storici e Pete prende in mano il gruppo…. da tutti i punti di vista.
Roger continua a scusarsi, ma non e' certo da un episodio sfortunato che si traggono giudizi e la sua immagine non subisce appannamenti, anzi si fortifica.
Cantiamo tutti con lui e cerchiamo di compensare le sue carenze. Ma chi mi impressiona e' Towsend.
E' fantastico dal punto di vista della ritmica, ma anche i suoi a-solo entusiasmano.
Ma la domanda e':"Da dove arriva tutta quell'energia?!".
Il braccio rotea come 40 anni fa, e le sue posizioni sono uniche . Riconoscerei la sua ombra fornita di chitarra ovunque…
I pezzi si susseguono, "My generation", "Magic Bus", "Won't Get Fooled Again", Baba O'Riley", ed io realizzo che mi sto appropriando di un pezzo di storia.
E' un concerto travagliato dove ho trovato tutti gli ingredienti, dove non c'e' stata solo musica, ma una piccola tragedia , nel posto appropriato.
E' un momento in cui ho rivisto amici, solidarieta' per le tragedie personali, voglia di andare avanti a qualunque costo, con migliaia di persone che spingono sul palco uomini magari schiacciati per un attimo dalla delusione.
Mi piace vederla cosi', senza pensare al businnes, senza riflettere sulle pressioni che i promoter avranno esercitato.
Su quel palco c'erano dei mostri di bravura ed esperienza, uomini in difficolta', e noi che pendevamo dalle loro labbra abbiamo contribuito alla realizzazione di un grande concerto.
E io guardando il mio figlioletto stanco, dopo averlo sentito urlare"uuuuu ariu uu uu", ho immaginato di passargli il testimone, anche se spero di poterlo custodire assieme a lui, ancora per un po'.
Lo spettacolo finisce senza bis .
Si esce con compostezza dall'Arena e ci si tuffa sui banchetti di maglie contraffatte, tanto da prolungare il sogno.
E l'acqua continua a cadere incessantemente .
Athos Enrile

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5 - HO CONOSCIUTO GLENN CORNICK NEL SETTEMBRE SCORSO...
Savona, 15 Maggio 2007

Ho conosciuto Glenn Cornick nel settembre scorso, alla Convention dei Jethro Tull a Novi Ligure.
Conosciuto e' una parola grossa.
Diciamo che ho ottenuto un autografo, mi sono fatto fotografare con lui, e la sua disponibilita' ha fatto si che nei mesi successivi io abbia provato a scrivergli per stabilire un contatto. Non avevo scopi particolari, tranne il piacere di avere un punto di incontro con un ex Tull, il gruppo della mia vita.
La sua cortese risposta ha confermato le mie prime impressioni e mi ha incoraggiato a porgli qualche domanda.
L'esigenza nasce dalle mie recenti letture sul mondo della musica, letture che hanno fatto scaturire qualche quesito che richiedeva la risposta di un esperto.
Ma non di uno di quei giornalisti che, beati loro, sanno tutto di tutti, ma di uno che ha vissuto i fasti del rock anni 70 e che ancora continua a vivere immerso nella musica.
Gli scrivo e gli propongo l'intervista via mail (ma e' consuetudine?).
Mi risponde in modo solerte e prende il tempo tecnico per dirmi la sua.
Lo fa in due puntate , ma nello spazio di una settimana completa il lavoro.
A me francamente sembra incredibile e non posso fare a meno di notare sul desktop del mio PC (anche mentre scrivo, adesso) che lui era accanto a Ian Anderson, Martin Barre e Cive Bunker, sul palco dell'isola di Wight, quando io iniziavo ad avvicinarmi concretamente alla musica.

- Grazie Glenn per la tua disponibilita'. Partiamo con qualche domanda di carattere generale.
Da un po' di tempo mi sto dedicando a letture relative ai grandi musicisti nati alla fine degli anni 60 , alcuni dei quali ancora in piena attivita'.
Emerge come tantissimi musicisti di valore siano nati nello stesso periodo , magari compagni di scuola.
Come spieghi questo prolificare di talenti musicali, nello stesso periodo , tutti arrivati al successo e tutti a cavallo tra il 60 ed il 70?
Quali differenze ci sono oggi rispetto ad allora?
- Ora tutti hanno a disposizione un enorme quantita' di materiale e molte possibilita'.
Noi agli inizi non sapevamo molto e dovevamo reinventarci ogni giorno, per poter proseguire. Per questo motivo uscivano fuori un sacco di nuove idee.
E' molto piu' difficile ora, dal momento che negli ultimi 40 anni e' stato fatto tantissimo.
Inoltre, in quei giorni c'era un grande palcoscenico musicale per chi intendeva sviluppare nuove idee e tutti i musicisti erano amici ed era consuetudine incoraggiarsi l'un l'altro, traendo da cio' grande ispirazione.

- Le stesse letture forniscono un altro elemento comune (forse i Tull erano differenti in questo) e cioe' la vita dissoluta, piena di eccessi, senza nessuna cura della propria salute fisica e mentale. Credi che questa sorta di autodistruzione fu per molti un passaggio obbligato per raggiungere il successo?
Pensi che l'abuso di sostanze illegali fosse giudicato dagli artisti necessario per migliorare le performance e la creativita'?
- J.T. e' stato un gruppo molto"pulito". Quasi nessuna droga e pochi party.
Se cosi' non fosse stato non avremmo potuto sopravvivere. Quando eravamo in tour in America suonavamo in 30 citta' diverse in 30 giorni.
Dovevamo tornare in hotel attorno alle 23 ed alzarci al mattino alle 6 per la colazione e subito in aeroporto per un altro volo in una nuova citta'.
Appena atterrati i ci recavamo nel luogo in cui ci saremmo esibiti la sera, per assicurarci che ogni cosa fosse a posto e fare il sound check.
Dopo tutto questo questo rimanevano 3 o 4 ore per riposare nel pomeriggio, in un hotel che poi lasciavamo alle 19, per tornare "al lavoro".
Come puoi intuire, non avanzava tempo per qualsiasi altra cosa che non fossero i concerti e la loro preparazione.
Non posso parlare per gli altri, ma io suono meglio quando ho il pieno controllo di me stesso.
Mi piace bere 1 o 2 birre prima prima di salire sul palco, ma non piu' di questo.
Ho visto molti amici morire a causa dell'abuso di alcool e droga, e questo mi rattrista, ma devo pensare che sia stata una loro scelta.

- E ora qualcosa di piu' personale.
In wilkipedia, alla voce "Gelnn Cornick", e' raccontata la storia secondo cui la tua separazione dai Tull avvenne per una sorta di incompatibilita' di carattere tra te e gli atri membri del gruppo che avevano un stile di vita totalmente differente dal tuo, essendo tu piu' portato al divertimento e alla ribellione".
Cosa significa questo, ammesso che sia vero: estrema rigidita' di comportamento da parte del resto della band , difficolta' di coabitazione con Ian o desiderio di provare a "camminare da solo"?
- Non mi e' mai stato detto il motivo per cui sono stato licenziato dalla band.
Certo, avevo molta voglia di divertirmi, ma questo non rappresentava un problema per gli altri, tranne che per Ian.
Clive e John sono ancora due tra i miei migliori amici e mi piace molto Martin, sebbene non abbia molte occasioni per vederlo.
E' stato detto che ero una persona incline alle feste, ma se guardo all'evoluzione del gruppo nel corso degli anni, mi vengono in mente persone dedite ad alcool, alla droga e "cacciatori di femmine" che mi hanno superato e sono andati ben oltre il mio limite massimo.

- Quale pensi sia stato in assoluto il miglior momento dei Jethro Tull?
- Secondo me il periodo migliore e' quello dei "miei" ultimi mesi , quando abbiamo fatto "Benefit" e abbiamo suonato alla Carnagie Hall e alll'Isola di Wight.
La mia uscita e' coincisa con la chiusura di un ciclo ed il passaggio dei J.T. da Rock and Roll band a gruppo immerso nel grande circo dello show businnes.

- E quale il miglior bassista?
- Scusami, ma per la musica dei J.T. nessuno e' stato meglio di me.
Una volta qualcuno mi chiese in quali canzoni dei Tull avessi suonato ed io risposi:"Se ascoltando una canzone dei J.T. senti il basso cantare, allora sono io che suono".

- Ti ho visto suonare alla Convention di Novi con alcuni dei tuoi ex compagni, ma anche con John Weathers, ex Gentle Giant.
Come nascono queste collaborazioni tra musicisti?
- E' solo rispetto e stima o gioca un ruolo importante l'amicizia?

- Pugwash fu il primo batterista dei Wild Turkey prima di passare ai Gentle Giant, cosi' suonare con lui alla Convention e' stata una specie di riunione.
- Tu sai che ora soffre di sclerosi multipla e quindi non puo' occuparsi in toto della batteria e questo e' il motivo per cui ha suonato le percussioni.
E' stato il mio batterista preferito , da sempre. E poi e' sempre divertente suonare con vecchi amici.

- Esiste l'amicizia nel mondo della musica rock?
- Si, sebbene non penso ci siano molte opportunita' attualmente, dal momento che non ci sono molti posti, club o altro, dove i musicisti posso incontrarsi.
Nel 1969 a Londra, ogni musicista era amico di ogni altro musicista e ognuno cercava di vedere le performance degli altri, aiutando chiunque ne avesse bisogno.
Era veramente come una grande famiglia .
In USA avevamo uno speciale legame di amicizia con Mountain ed eravamo soliti arrangiare i nostri pezzi assieme. Un giorno chiudevamo il loro show ed il giorno dopo loro chiudevano il nostro. Non c'era competizione tra noi.

- Per molti anni sei stato fuori dallo stars system. Perche'?
Mancanza di motivazione e delusione o le tue priorita' sono cambiate e hai preferito dedicarti alla famiglia?
- Non ho mai smesso di suonare, ma, sfortunatamente, non sono riuscito a trovare nessun grande progetto a cui lavorare.
Negli ultimi 30 anni ho spaziato in tutta la California, seguendo progetti differenti e divertendomi un sacco a suonare.-

- Che cosa hanno rappresentato per te i Wild Turkey e che cosa rappresentano in questo momento?
- Wild Turkey e' stata davvero la mia chance di fare la musica che amo e mi ha dato l'opportunita' di suonare con grandi musicisti.
Nel nuovo album, ho potuto scrivere quasi tutti i pezzi e ho anche disegnato la cover e cosi' e' diventato un vero progetto personale.

- Com'e' il tuo rapporto con Ian Anderson?
- Non siamo mai stati amici intimi, sebbene non ci sia mai stato un rapporto… sgradevole tra di noi.

- Ho sentito differenti definizioni di "Progressive Music". Tu come lo definiresti?
- Negli anni 60 e 70 il" progressive rock non era il genere il principale e quindi non era interpretato da tutti quelli che suonavano, ma oggi con questo termine si vuole identificare gruppi che suonavano o suonano canzoni molto complesse, divise in diverse sezioni spesso complicate, nella scrittura ed esecuzione.
Io non sono un amante del Prog Rock e non penso che tra le cose che ho scritto ci sia veramente musica prog, secondo gli standard tradizionali.
Preferisco le canzoni molto piu' dirette.
Io penso che sia molto piu' difficile scrivere canzoni corte, semplici, ma buone canzoni, e quello che cerco di fare e' scrivere pop songs che possano durare nel tempo .

- Pensi che i Jethro Tull possano essere stati considerati, a tutti gli effetti una band di Rock Progressive, oppure……come li definiresti?
- Credo che nessuno dei pezzi dei Tull dei "miei tempi" si possa definire progressive secondo gli attuali canoni e fu soltanto con "Thik as a Brick" che J.T. diventarono una "prog rock band".

- Quali sono i tuoi progetti futuri?
- Spero di poter continuare a suonare con i Wild Turkey. Vorrei poter registrare molti album e fare molti tour.
Sento di poter scrivere come non ho mai fatto in vita mia e che l'ultimo album,"You and me in the Jungle" sia la cosa migliore che abbia mai fatto.-

- Un ultima domanda, qual e' il tuo concetto di felicita', applicato alla musica?
- Musica e felicita'? La cosa piu' importanet e' essere felice delle cose che suoni insieme alle persone giuste, ma onestamente e' anche bello avere successo e anche……fare un po' di soldi. Diventare musicisti di successo da l'opportunita' di fare molte piu' cose e di investire in progetti diversi.

Ringrazio idealmente Glen Cornick , ma non posso rinunciare a proporre il suo pensiero su John Pugwash Weathers, sentimento gia' espresso in altra intervista, ma che lui ha voluto ribadirmi.

- Pugwash e' di gran lunga il miglior batterista con cui io abbia mai suonato ed ho voluto coinvolgerlo in questo progetto sebbene, ovviamente, egli non possa suonare la batteria in maniera totale, per i problemi noti.
Ho avuto l'idea di utilizzare una sezione di percussioni nel mezzo della canzone "You and Me in the Jungle", ma non avevo alcuna idea su come inserirla, cosi' ho chiesto a Pug se avesse voglia di contribuire. E' venuto in studio e, con l'aiuto di Clive, ha realizzato un grande arrangiamento.
E' stata sua l'idea di aggiungere la slide guitar, cosi' ha chiesto a Mick di provare qualcosa e cio' che si ascolta nel disco e' la prima prova eseguita: il risultato fu talmente buono che non furono necessarie altre registrazioni.
Pugwash e' a pieno titolo un membro del gruppo e viene a suonare con noi ogni volta che il suo stato fisico lo consente.
Ha grande talento ed e' un meraviglioso aiuto per noi tutti...

Nel corso di questa intervista una domanda verteva sull'esistenza dell'amicizia nel mondo della musica rock e quest'ultima "immagine" dedicata a Pugwash mi pare sia davvero esauriente.
Oppure Glenn e' davvero diverso?
Athos Enrile

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4 - ENTRANDO IN UN NEGOZIO DI STRUMENTI MUSICALI...
Savona, 21 Aprile 2007

Entrare in un negozio di strumenti musicali e' una cosa affascinante , per chi ama la musica. E questo e' abbastanza scontato.
Quei piccoli laboratori in cui mi sono imbattuto nella mia vita avevano i connotati della normalita'.
Come un negozio di abiti o televisioni degli anni 70, i "miei" negozi di strumenti avevano dimensione ridotta e alcuni pezzi per ogni categoria, e chi offriva la merce aveva qualcosa di misterioso, che chi vende pane non potrebbe mai ' avere, nemmeno "costruendo " una pagnotta a forma di violino.
Naturalmente io non faccio testo, essendo il mio un livello…. amatoriale, ed avendo smesso di suonare per molti anni, una" vacatio" che non mi permette di fornire visioni oggettive.
Ma quando entravo alla" Casa della Musica", al 1 piano di un vecchio stabile di via Pia, nel centro storico di Savona, gli occhi mi brillavano e le chitarre appese, in fantastica visione, erano dei da venerare.
Noi ragazzi senza una lira in tasca entravamo, e con la scusa del plettro o del mi cantino passavamo delle mezz'ore a girare in un silenzio tipico da biblioteca, nella speranza che nessuno ci cacciasse via.
E' li che vidi la mia chitarra elettrica, quella che e' sbattuta in faccia a chiunque attualmente entri in casa mia.
Suonavo da 2 mesi, e i miei genitori, vedendomi sul palco dell'oratorio col mio gruppo senza nome, si convinsero che avevo una carriera davanti e che era giusto fare qualche sforzo per un acquisto appropriato.
Girando per quel negozio vidi appesa una chitarra di legno marrone, con la forma di una Gibson Les Paul, ma piatta come una Fender, e ovviamente mi occupai solo dell'estetica e della somma a disposizione.
Era una Framus che mamma e papa' pagarono 50 mila lire, usata.
Non sono mai riuscito a far uscire granche' da quella chitarra ed il suono non mi e' mai piaciuto.
Forse era colpa di quell'amplificatore valvolare, con una testata con su scritto Pioneer Steelphon, con solo effetto distorsione e riverbero, ripitturato di nero da mio padre, ma suoni decenti non ne ho mai sentiti.
E mi sono convinto che la colpa fosse della chitarra, dei pick up, delle corde….santa ignoranza!!!
Da poco tempo ho scoperto che la Framus non e' l'ultima delle chitarre, ed i modelli "vintage" fanno parte di una specie di museo, in Germania.
Il mio attrezzo, con tanto di matricola incisa sul manico, non e' rintracciabile e non risulta nella lista delle chitarre del tempo.
Io ho ripreso a suonare con una certa frequenza, in casa, e nonostante un bel multieffetto, il suono continua a non soddisfarmi.
Ma quella chitarra, comprata in quel piccolo negozio non e' paragonabile a nessun'altra, per i ricordi che mi evoca , per quei valzer odiati che ho dovuto suonare, per "Samba pa ti , per "Sereno e', per "Love Like a Man".
Poi il buio.
La Casa della Musica chissa' che fine a fatto!?
Le alternative, di simile hanno solo la ridotta superficie e la materia trattata.

Un paio di anni fa, un mio collega ex Gibsoniano mi ha raccontato di come si servisse in un certo magazzino del Piemonte.
Non piu' per lui, ma per il figlio.
Un magazzino…
Dalla Casa della Musica al magazzino……. dal negozio di TV all'Iper Mercato.
Non e' l'unico a parlarmi in termini entusiastici del negozio.
Nessuno mi esalta i prezzi contenuti, ma tutti descrivono la quantita', la possibilita' di scegliere, l'ambiente, l'atmosfera da elite, la musica che scatta non appena si vede la scritta :
" Magazzini M.……" , all'uscita dell'autostrada.
E cosi', alla prima occasione, trovandomi sulla strada di ritorno verso casa dopo un viaggio di lavoro, metto la freccia ed esco a Bra.
Sono solo ed e' questa la condizione di massima liberta' per visitare ambienti del genere.
L'impatto e' forte.
Abituato ai negozietti di un tempo, forse solo caratteristici della mia vita provinciale, le dimensioni dell'edificio mi turbano.
"Ma da che parte si entra?!"
Seguo le indicazioni e trovo la porta giusta.
A pianterreno c'e' il "Tuttotastiere", nuovo ed usato.
Ma prima salgo su all'attico.
Entro e… rimango a bocca aperta.
E' un giorno feriale, un pomeriggio, attorno alle 16.
Teoricamente e' un buon momento per queste visite.
I suoni arrivano da ogni parte .
E come se io fossi l'elemento centrale, colpito da tutte le direzioni, ma con tipologia di suoni ed entita' differenti.
Ci sono cabine di prova, ma la maggior parte delle esecuzioni improvvisate avviene in maniera udibile da tutti i visitatori.
Ovunque chitarre di ogni genere…. piccole, medie, 12 corde, acustiche, classiche… ogni ben di Dio.
Batterie sparse in lungo e in largo….. tradizionali, elettroniche, percussioni, accessori.
Mandolini, fiati, nuovo, usato, ampli.
Personale tecnico indaffarato e dall'apparenza professionale.
E poi le "isole" a tema.
E i temi per me sono due e mi smuovono le viscere.
Il primo, quello che in me lascia il segno, e' il mondo" Gibson".
Non conosco l'evoluzione degli ultimi anni, ma una Gibson era il sogno proibito della mia adolescenza.
Ho due immagini sopra le altre.
Nei miei pomeriggi inizio seventies, almeno per un certo periodo, ho presenziato assiduamente alle prove di un gruppo che si chiamava "Il Sigillo di Horus".
Per noi alle prime armi quei musicisti apparivano come mostri di bravura e noi 4 o 5 venivamo tollerati come spettatori non paganti.
Un giorno rimanemmo folgorati da una presenza importante per quei tempi, un musicista che aveva gia' fatto dischi e persino un film.
Si chiamava, e si chiama ancora, Joe Vescovi.
Era di Savona, e suonava nei Trip, gruppo di un certo rilievo nel panorama nazionale del Progressive italiano.
A volte lo si scorgeva in giro per il centro citta', con i suoi capelli biondi lunghissimi e la sua barba bionda, muoversi con lentezza mentre gli sguardi dei ragazzi piu' aggiornati, musicalmente parlando, erano tutti per lui che, conscio del ruolo, alimentava l'alone di mistero.
Non esagero… avrebbe potuto fare la parte di Gesu' in un qualsiasi musical a sfondo artisticocristiano.
Quel pomeriggio il Sigillo di Horus, al cospetto di quel mito di Joe, e davanti a noi ragazzi intimoriti, presento' il suo progetto rock.
Ho vagamente il ricordo di una stroncatura del tipo:"Questa e' roba che non tira piu'… la fanno gia' in molti… meglio provare con quel tal pezzo… piu' commerciale, piu' orecchiabile".
Questo e' quello che ricordo… spero che nessun protagonista del tempo si offenda al cospetto delle mie inesattezze.
Quei ragazzi avevano anche strumentazione adeguata.
Impianti voce importanti, amplificatori megagalattici, strumenti di qualita'.
Ma a me interessava la chitarra.
Quel chitarrista, che ogni giorno vedevo passare dalle mie parti, e che assumeva autorevolezza ai miei occhi per il solo fatto di suonare in un gruppo, aveva una Gibson.
Era una Les Paul…. mi pare… deluxe, color oro.
Col tempo ci venne concesso un minimo di confidenza e quel bravo chitarrista, che oggi di mestiere dovrebbe fare il magistrato, mi racconto' un aneddoto, che ancora oggi propongo quando parlo dei prezzi attuali delle chitarre, in rapporto al passato.
Non so se la questione fosse in questi termini, o se fosse una favola rivolta verso un sprovveduto come io ero, ma mi racconto' che in quel periodo, probabilmente coincidente con i 18 anni, il padre gli avesse domandato cosa preferisse come regalo, forse per l'ottenimento della maturita'.
La scelta proposta era tra una Fiat 600 e la Gibson.
E lui scelse.
Ora con i soldi di una Gibson non compri certo una Panda!

La seconda immagine mi riporta ad un settembre del 73, ed io ero in villeggiatura a Bossolasco, paese delle Langhe.
I fermenti delle nuove musiche erano nell'aria ed i tipi trasgressivi prolificavano.
Una ragazzina che anni prima mi aveva fatto piangere, improvvisamente si era accorta che esistevo ancora e passo' tutto il pomeriggio con me.
Sino a che arrivarono due musicisti, amici degli amici, freschi dall'Inghilterra.
Era le 8 di sera quando comparvero e sembravano 2 rock star.
Mi colpirono 2 cose.
La prima.
Da quel momento Paola non mi guardo' piu'.
Che doloreeeeeeee.
La seconda.
Avevano 2 custodie rigide che aprirono per mostrarci 2 Gibson nuove fiammanti, con le corde allentate. Era quello lo scopo del viaggio Oltremanica, ed ora i totem erano ben in vista.
Impossibile spiegare cosa significa avere una chitarra da guardare, da toccare, da accarezzare.
Parlo ovviamente per i "malati" come me.
Il rapporto diventa simbiotico e, senza voler scomodare lo studio della simbologia ed il suo rapporto con la nostra psiche, la chitarra, per un chitarrista, diventa il proprio prolungamento, materiale e spirituale.

In questo negozio posso prendere la Gibson che voglio, attaccarla ad un ampli, magari valvolare, e provare, svisare, giocare.
Lo fanno tutti, in contemporanea.
Nessuno si guarda in faccia, ma l'orecchio e' teso e i commenti muti si sprecano.
"Cavolo se e' bravo quello". "Quello e' un bassista con le palle!!!"
Uscirebbero delle belle jam session!
Non ci sono graduatorie di merito e ci si sente tutti suonatori, ma la testa ed il cuore sono divisi tra cio' che accade attorno e lo scopo vero e proprio, cioe' il test alla chitarra.

La seconda isola a tema riguarda "Fender".
Meno fascinoso per me, ma legato a tanti suoni antichi.
Jimi Hendrix su tutti.
Era il 6 settembre quando nel solito paese delle Langhe si sparse la notizia della sua morte.
Avevo Jimi ben impresso perche' da poco avevo visto Woodstook.
E io ricordo Hendrix dotato di Fender e basta.
In questi giorni sto leggendo la sua biografia ed ho acquistato un film in lingua originale di molti anni fa.
Jagger, Clapton e Towsend, nelle interviste post morte, sembrano bambini.
La cosa che al momento mi ha colpito di piu' ( sono ad ¼ del libro) e' la passione che un uomo e' capace di mettere nelle cose che ama.
La passione che tutto trasforma e tutto modifica, e fa si che anche rifiuti della societa' (cosi' mi e' apparso nella biografia Jimi) possano dimostrare valori assoluti…. con un minimo di fortuna che li mette al posto giusto nel momento giusto.
Questa dovrebbe essere per me un' importante linea guida per i nostri figli.
"Segui una passione, se hai la fortuna di averne una…"

Difficile capire qualcosa in mezzo a tanto ben di Dio.
Ringrazio per la prova strumento e, frastornato, mi dirigo verso l'uscita, bypassando anche il locale tastiere.
A questa visita ne seguiranno altre.
L'acquisto di un flauto traverso seguira' quello di una travel guitar ed altro ancora.
Ad ogni visita una compera.
Quest'estate ero in quel di Frabosa Soprana, nel cuneese, luogo in cui passo molte vacanze estive ed invernali.
Partiamo con 2 macchine, bambini e genitori, con direzione Bra, a non piu' di 30 minuti di strada.
E' pieno agosto e, arrivati davanti all'entrata scopriamo che e' giustamente chiuso per ferie.
Riapertura il 24.
Ritorno dopo qualche giorno, con 3 bambini ed un altro genitore.
Tutti loro amano la musica, ma nessuno ha dimestichezza con la creazione dei suoni.
Incominciamo a girare per i locali semivuoti di visitatori, ma stracolmi di strumenti .
Osservo i miei accompagnatori e li vedo interessati…. anzi affascinati , dal contesto.
Mi convinco sempre di piu' della magia della musica e di cio' che di pulito ruota attorno(non tutto credo).
Provo una chitarra acustica in un box isolato.
Loro 4 mi guardano muti, in religioso silenzio, come se fossi Segovia.
La chitarra provata mi soddisfa ed il prezzo mi sembra giusto.
La prendo.
"Aspetta papa', lo sai che la mamma si lamenta sempre di tutte le cose che porti a casa!!"
"Hai ragione, la chiamo e le spiego che e' questione di vita o di morte.". "Maura… sono qui…. ho provato una cosa fantastica…. ti dispiace se la prendo ? "
Dopo tanti anni e' abituata alle mie manie.
Messo da parte il nuovo attrezzo, posso provarmi una Gibson… ancora quella.
So che tra un po' me ne comprero' una… ora ho un garage dove mettere tutti i miei cimeli!!
Scelgo nel mazzo la chitarra da provare, senza fingermi un intenditore.
Metto un po' di distorsione , un po' di delay e percorro la tastiera, con i miei enormi limiti tecnici.
I suoni sporchi mascherano gli errori e i miei accompagnatori mi guardano come ipnotizzati. Sembro quasi bravo e l'esaltazione fa aumentare la mia velocita'.
Sono davanti al mio piccolo pubblico, ho in mano il mio sogno e sto duettando a distanza con altri "colleghi"… o antagonisti.
Nel film"Missisipi Adventure, l'attore Ralph Macchio sfidava a duello il chitarrista/ diavolo Steve Vai, allora semi sconosciuto, e lo batteva sul suo stesso campo.
Anche io mi immagino duellante, ed essere in quel posto, con tale strumento tra le mani, mi fa sentire parte integrante dell'elite, di quel gruppo ristretto di persone che e' in grado di prendere in mano una chitarra, una batteria, una tastiera, un flauto e farne uscire almeno uno…. dico uno... suono decente.
Qualche giorno fa, trovandomi in una casa dove era presente un basso (Fender anche questo) l'ho imbracciato (sto parlando di quello di mia nipote 18 enne, impossibilitata a negare un favore allo zio) e ho iniziato a muovermi sulla tastiera.
Mia figlia mi ha guardato stupita ed ha aperto i suoi occhioni enormi:
"Papa', ma tu suoneresti anche una cornamusa?!!!"
Si, se l'avessi proverei a suonarla e qualche cosa ne uscirebbe… almeno una nota decente.
A Savona continuano ad esistere negozi non molto forniti.
Mia moglie continua a capirmi e a venirmi incontro, ma e' contenta che il magazzino di Bra sia relativamente lontano…in inverno.
A ciascuno la propria croce.
Athos Enrile

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3 - BRIVIDI E LACRIME SULLE NOTE DI CLAPTON
di Athos Enrile da
www.genovainedita.it - 21 marzo 2007

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2 - MAGIA DEL NATALE: VIRGINIA E I JETHRO TULL
Savona, 24 Dicembre 2006

....Sento l'esigenza di recuperare il tempo perso e questa avventura tra il virtuale ed il reale mi affascina molto.
Cio' che state per leggere e' appunto una favola. L'ho scritta e rivista in 3 ore , la scorsa settimana, e la rileggo piu' volte nell'arco del giorno perche' mi emoziona davvero. La situazione iniziale e' reale, nel senso che sono cose vissute da mia figlia , anche se il suo strumento attuale, in 2 media, e' la chitarra. Ho pensato a lei scrivendo, ma ho utilizzato il nome di un mio possibile 3 figlio (anzi era femmina) che purtroppo non e' riuscito a nascere, ma che e' rimasto in famiglia, e che gia' aveva un nome, Virginia appunto...

- Virginia era ancora in 5 elementare quando si sottopose al test d'entrata al "corso musicale", nella scuola media Pertini.
Era una scuola un po' particolare, probabilmente all'avanguardia, dove l'apprendimento della musica, e di uno strumento in particolare, costituiva vera materia scolastica. L'intento era di fornire ai ragazzi interessati, o soltanto curiosi, la possibilita' di ricevere in 3 anni una formazione di base, ma calata sullo studio di uno dei 4 "attrezzi" disponibili, la chitarra, il piano, il violino ed il flauto traverso. Essendo i fondi limitati, era obbligatoria una prova, atta a testare le eventuali predisposizioni naturali, arrivando ad un minimo di selezione.
Gli studenti finali, per la 1 media, dovevano risultare una ventina per tipologia di strumento.
------------------------------
- Era un pomeriggio di febbraio quando Virginia si presento' nell'aula delle audizioni, accompagnata dalla mamma.
Per la verita' c'era una discreta rappresentanza, formata da compagni di classe e amici vari, ma essendo un test fatto alla persona, e non alla collettivita', aleggiava una certa tensione.
Virginia aveva sempre respirato musica, grazie alla presenza di un padre che non aveva mai perso l'entusiasmo antico, e oltre a cercare di rivivere il suo passato musicale, esercitava una certa pressione, in buona fede, nel tentativo di coinvolgere qualche componente della casa.
Qualche seme lo aveva gettato per cui adesso, avendo l'opportunita' di frequentare questa meraviglia di scuola, il problema era nato...... iscriversi o non iscriversi?
Sembrava un segno del destino: la scuola, che molti avrebbero scelto per le sue caratteristiche, macinando km al giorno per frequentarla, era a due passi da casa, a portata di mano…… da rifletterci su….
Pero' la cosa aveva fatto discutere, pensando ad ore di impegno supplementare per una materia che materia non e', con il rischio di trascurare il resto!!
Il gruppo di lavoro familiare, formatosi per arrivare alla soluzione del dilemma, aveva decretato che era giusto dare nuovi stimoli e aprire nuove porte...... il tempo avrebbe suggerito le opportune correzioni, e ritornare sui binari lasciati non sembrava complicato.
"Ma poi, non credi che sia bello imparare a suonare uno strumento? Non credi sia formativo, come lo sono altre scienze tradizionali?"
Si era dunque arrivati al giorno dell'audizione, piu ' o meno convinti, con molta tensione per Virginia.
Il primo round era la prova di "Pianoforte".
"Come ti chiami?" "Bene Virginia, io simulero' la nota con la mia voce, tu dovrai ricercarla sulla tastiera…ok?"
Furono 10 minuti tutti uguali.... con tante note.. diverse.
Il passaggio successivo fu il violino.
Stessi convenevoli.
Qualche pizzicata sulle corde e via.
"Ma come fara' a valutarmi in questo poco tempo??"
La chitarra era la cosa che prediligeva perche' ogni tanto maltrattava...... quella elettrica del padre.
"Suona la corda piu' piccola a vuoto.... brava. Con la mano sinistra premi forte la stessa corda, sul secondo tasto in alto…"
Sembravano sciocchezze per lei, ma probabilmente erano importanti per il valutatore.
Arrivo' l'ultima terribile prova.
Un flauto traverso da tenere in mano.
Non ne aveva mai visto uno , se non alla TV, anche se occasionalmente aveva fischiettato un flauto dolce, senza peraltro avere grande successo.
Ma conosceva il suono alla perfezione , soprattutto quello di "Bourèe".
Classico esempio di colpe dei padri che ricadono sui figli.
Eh sì, a forza di risentire le stesse note, qualcosa rimane, e in quella casa il padre era una specie di "dolce tiranno", che con tutta l'esperienza derivante dalla maturita', riusciva ad imporre la SUA musica.
Ci provava con la convinzione di chi crede che con la decisione anche le montagne possono smuoversi, ma era in grado di riconoscere certi fallimenti, quando capiva che i figli fingevano la condivisione, per paura di deluderlo.
In quelle occasioni sapeva fare un passo indietro, riconoscendo la meritata sconfitta, ma..... 1 seme oggi ed uno domani......chissa'......
L'insegnante le passo' quel tubo pieno di tappi .
"Ora dovrai solo provare a far uscire un suono distinguibile, seguendo semplici istruzioni".
Virginia ripercorse con la mente i test appena fatti, domandandosi ancora una volta come potevano essere tratte conclusioni.
Forse un esperto riesce ad intravedere doti che solo gli addetti ai lavori percepiscono?
O forse era solo un banale metodo per promuovere 1 su 3!?
"Sorreggi il flauto con entrambi le mani. Appoggia il labbro inferiore sul bordo del foro. Ora prova quasi a sorridere e soffia dolcemente, senza coprire troppo il foro. "
Ne usci' una nota magica, per lei non identificabile, ma si senti' soddisfatta .
Riprovo', come da "ordini" e riusci' la stessa nota, ancora limpida.
"Bene Virginia, puoi andare."
La giornata fini' cosi' e la bambina termino' le sue forti emozioni, che nulla avevano a che fare con la musica, ma erano legate ad una delle tante prove, piu' o meno importanti, che la vita ci riserva.
Passarono mesi e si arrivo' alla fine dell'anno scolastico.
L'inizio delle vacanze coincise anche con la pubblicizzazione del risultato dei test.
Ma l'impatto con i tabelloni non ci fu perche' i risultati furono telefonati a casa, quando era presente solo la mamma di Virginia.
Ormai il dado era tratto e si sperava di arrivare sino in fondo.
E poi essere rifiutati dopo un test non e' cosa che un bambino possa razionalizzare facilmente!
"Signora, le telefono per il risultato relativo alle prove di musicale."
Era andata male in piano, malino in violino e sufficiente in chitarra che era poi cio' che lei voleva.
Ma il risultato migliore arrivo' sorprendentemente nel flauto.
Nulla di trascendentale, un quinto posto con onore, ma che pose ancora il problema della scelta.... chitarra o flauto?
Il quella settimana di transizione Virginia ci penso', cercando aiuto tra i genitori che la spingevano a decidere da sola.
In fondo la cosa a cui tenevano davvero era tastare certe sensibilita' forse latenti, e stimolare la curiosita', sperando magari in un eventuale talento, che anche dal punto di vista pratico, in prospettiva futura , poteva rappresentare un 'alternativa in un mondo cosi' difficile.
Ma la passione per la musica, cosi' come per altre cose, o ce l'hai o non ce l'hai.
E Virginia, da questo punto di vista, era ancora una scatola nera.
In quei giorni il papa' di Virginia rincasava stranamente in orario, come se gli impegni di lavoro fossero improvvisamente diminuiti.
La stagione estiva non era ancora esplosa e quando lui rientrava, attorno elle 18, trovava la famiglia al completo, di ritorno dalla spiaggia.
"Siediti con me che parliamo un po'. Ti dispiace se metto un po' di musica? Questa la ascoltavo a 16 anni.... si chiama "Living in the past".
Ed il flauto partiva.
Era gettare l'amo nel tentativo che il pesce abboccasse.
Virginia era una bambina intelligente e certe dinamiche le appartenevano gia'.
Ma non fu merito o colpa del padre, se alla fine di quella settimana decreto' la sua sentenza:
"Suonero' il flauto traverso".
Come sempre accade per chi vive la musica, il sentimento aveva prevalso sulla razionalita', e la miscela di una voce, un flauto ed una chitarra, avevano compiuto una magia.
Nessun atto di fede, come spesso capita agli adulti, per carita'...... ma solo una scintilla che aveva guidato Virginia alla decisione finale.
- Poi di flauto e di strumenti in genere non si parlo' piu' per tutta l'estate.
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L'inizio dei corsi musicali era programmato nella prima settimana di scuola.
L'impostazione di base, per qualunque strumento, prevedeva un impegno di 2 ore da passare in gruppo, ed 1 ora differenziata, con lezione ad personam.
Per quanto riguardava l'attrezzatura, nel corso del 1 anno si poteva usufruire di un prestito, ma in famiglia si pensava ad un acquisto, inteso/sperato come … moltiplicatore di sensibilita' e motivazione.
Virginia non chiese niente, ma il papa' si mise alla ricerca, on line, e dopo pochi giorni in casa entro' un meraviglioso flauto, laccato blu.
L'aggettivo meraviglioso era quello coniato da Virginia ed era rivolto all'estetica. La qualita' era davvero poca cosa. Sufficiente comunque per iniziare.
L'insegnante non fece commenti e promosse la compera.
"Iniziamo con un po' di nozioni base. Il suono e' prodotto dall'aria contenuta nel tubo dello strumento, che vibra in seguito alla pressione che su di essa esercita l'immissione di una nuova colonna d'aria…."
"Che rotturaaaaaa"
"L'altezza dei suoni e' determinata dalla lunghezza della colonna d'aria…"
Non fu un inizio facile.
Il flauto blu si dimostro' un fallimento e comincio' a perdere la laccatura sul trombino… dopo soli 10 giorni.
Anche on line si puo' comprare onestamente ed in 3 giorni ecco la sostituzione con un nuovo strumento, questa volta argentato.
"Ora si che sembra un vero flauto!!!!!"
Fu questo l'inizio di un amore importante,inaspettato e non cercato, almeno da parte di Virginia.
Il primo anno fu caratterizzato da un paio di saggi e dall'apprendimento dei rudimenti "del mestiere".
L'impegno della piccola si impenno' col passare dei mesi, proporzionale all'amore per il flauto che aumentava a dismisura.
Ogni attimo libero era dedicato a qualche prova.
Anche nei momenti impensati afferrava il tubo argentato ed era consueto vederla soffiare sorridente, tra una pubblicita' e l'altra del film del momento.
Qualche volta si "esibiva" anche anche in bagno, ma...... di questo nessuno si stupiva, essendo pratica gia' adottata dal padre con la chitarra.
Il solfeggio si alternava ai suoni e Virginia era guardata quasi con ammirazione quando leggeva ed interpretava uno spartito come fosse un fumetto.
In quei giorni, per Virginia, sentire i Jethro Tull non fu piu' una gentile concessione al padre maniaco.
Non si butto' su tutto l'esistente, ma chiedeva le canzoni piu' semplici, piu' facilmente riproducibili.
La famiglia e' importante e occorre sempre trovare il cemento per farla crescere, dove e come possibile.
Virginia ed il papa' si misero d'accordo per provare una canzone che non prevedeva l'uso del flauto.
Si chiamava "Wond' ring aloud" e quella sera la suonarono in 4 .
Chitarra a papa', un fraseggio di flauto per Virginia, un testo da cantare per la mamma ed un tamburello per il fratellino .
Che importa il risultato?!
L'atmosfera diventa magica ed essere su di un palco non e' poi cosi' importante.
"Questa Virginia e' la magia della musica.... ne sei convinta?"
Virginia non chiedeva mai niente, si sedeva sul divano con le sue cuffiette e ascoltava musica vecchia e nuova, cercando di trarre qualche spunto interessante.
Ma spesso era solo immergersi in un mondo che la faceva sognare.
Le leggi della giovinezza le avrebbero impedito di ascoltare dei suoni cosi' antichi, cosi' fuori corso per chi ha appena iniziato a volare.
E' la norma attribuire ad ogni fascia di eta' determinati usi e costumi,decidendo a priori cio' che e' appropriato o inadeguato, in funzione del dato anagrafico.
Ma forse la musica riesce ad essere un'eccezione.
E questa non e' solo un'opinione se si pensa a melodie che si ascoltano da centinaia di anni.
Virginia aveva assimilato alcune idea del papa', andando decisamente controcorrente, e non si sentiva fuori posto se, nonostante la presenza di coetanei, il lettore mp3 suonava "Life is a long song".
Restava comunque molto critica sulla parte piu' visibile di un mondo che certo non poteva capire, ma evitava accuratamente ogni confronto tra generi diversi ed ogni tipo di discussione sull'argomento.
Anche per lei la musica era un fatto di pancia e cuore… e non di testa.
"Papa', mi porterai un giorno a vedere un concerto?"
"Certo …. ma uno qualsiasi?"
"Siiii…. pero'… potendo scegliere......,ma no, fa tu".
In quella citta' non c'erano molte occasioni e per poter assistere ad un concerto era necessario spostarsi, cosa non facile da programmare, con impegni familiari, di lavoro e scolastici.
"Forse d'estate sara' piu' semplice Virgi."
Era l'anno di grazia 2006, l'estate era arriva, le medie finite, il flauto un compagno quotidiano e Ian Anderson un mito… anche per lei.
Ian Anderson ed i Jethro Tull avevano caratterizzato la vita di Carlo, il papa' di Virginia.
Nell'eta' in cui tutto sembra piu' chiaro e i segreti della vita sembrano un po' meno segreti, lui aveva coniato diverse frasi di quelle ad effetto, da esibire nelle occasioni giuste, ma in cui credeva fermamente.
Non erano quasi mai farina del suo sacco, ma erano parole che raccoglieva qua e la' e che lo colpivano, come a rivelare cio' che da sempre pensava e che solo in quel momento, con quelle sillabe, trovava: la spiegazione con immagini semplici di stati d'animo spesso complicati.
Ma non si vantava per quello che diceva spacciandolo per proprio, anzi, ci teneva a precisare che certe parole ascoltate per caso, lo avevano quasi folgorato, sulla via di Damasco.
Una frase che lo colpi' davvero fu quella trovata in un libro, che riportava il seguente concetto:
"Nella vita , l'importante e' crearsi una colonna sonora".
E lui aveva immediatamente realizzato che la colonna sonora della sua vita erano stati ed erano i Tull.
Non pretendeva di certo che la sua bimba provasse le stesse emozioni, nelle stesse situazioni, ma nemmeno si vergognava nel dimostrarsi cosi' vulnerabile e gli piaceva lasciarsi andare, mettendosi su un piano di assoluta parita'.
Francamente un po' utopistico.
"Papi, non so come spiegarti…questa musica mi fa stare bene, poi mi fa stare male, poi mi fa sorridere,mi fa anche piangere…..cosa mi succede?"
"Sai Virgi, chi scrive musica e' un uomo come noi…. ha dei sentimenti, momenti buoni e cattivi, figli irrequieti, genitori che muoiono…. tutto questo si riversa nella loro arte, e noi persone sensibili, per induzione, subiamo e reagiamo differentemente, a seconda del nostro stato d'animo".
"Ma saranno felici come noi?"
"Come definiresti la felicita' piccola?"
"Potrei farti tanti esempi, ma so che sarebbero superficiali…aiutami tu papa'".
Come spesso accadeva , arrivarono in soccorso le famose frasi rubate.
"Potrei stupirti con qualche concetto filosofico, ma mi accontentero' di regalarti la saggezza che ho trovato in un bacio perugina. Il biglietto contenuto all'interno diceva piu' o meno che la vita non e' la somma di tanti respiri, ma l'insieme di momenti che ti levano il respiro.....mecco, questo e' il mio concetto di felicita'...mrimanere senza respiro dopo una forte emozione......... tu rimani senza respiro in qualche occasione?"
"Non saprei… su due piedi....."
"La musica ti provoca qualcosa del genere?"
"Direi di no".
"Sentendo Ian Anderson suonare e cantare… provi sentimenti positivi?"
"Si pa'…. ma non mi manca mai il respiro…"
Che conforto….. era una bambina normale….
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- Anche quell'estate fini'.
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- Da ormai 10 anni esisteva una comunita' il cui collante era la musica dei Jethro Tull.
Un "ritrovo" come molti, probabilmente, ma Carlo non aveva mai pensato che cosa potesse significare un fan club, quali fossero i principi che lo reggevano in piedi e, soprattutto, era un concetto legato a qualcosa di estremamente antico e sicuramente estremo.
Navigando su internet, digitando sui motori di ricerca il nome dei sui sogni, erano comparsi numerosi siti, tra cui quello dedicato ai Tull :"Itullians".
Era entrato per curiosita' e aveva scoperto quanti "ragazzi" partecipavano attivamente, alimentando scambi ed opinioni, con un solo unico fine: la musica…. un particolare tipo di musica.
Forse in passato sarebbe stato complicato, ma la tecnologia a disposizione rendeva estremamente semplice e veloce la diffusione delle notizie e l'interscambio di idee .
Da tutto questo emergeva una passione comune smisurata, che un esterno avrebbe potuto scambiare per adorazione/ fede per un'entita' esistente e ben individuabile.
Eh si, il merito del gruppo, o di una parte di esso, era l'opera di alchimia che riusciva a compiere nei confronti di persone inavvicinabili, intoccabili, inarrivabili, almeno in apparenza.
Era riuscire a "prendere" eroi che avevano suonato all'isola di Wight (tappa mitica per uomini come Carlo) e portarli tra i comuni mortali, ma non passivamente, non solo per una svogliata raccolta di firme, ma per una presenza concreta e partecipativa, musicale e umana.
Per Carlo era come se gli Dei mostrassero il loro volto terreno, mischiandosi alla gente comune, di ogni genere e razza, di ogni eta' e cultura .
Tutto azzerato per merito della musica.
Tutto questo era cio' che Carlo percepiva , ma non c'erano verifiche sul campo.
Gli piaceva pero' pensare che fosse davvero cosi' e siccome sognare costa poco, soprattutto in un mondo virtuale…. lui sognava.
La notizia piu' bella che trovo' nel mese di ottobre era in realta' una notizia vecchia, per chi frequentava regolarmente il sito.
Come ogni anno veniva organizzata quelle che in stile americano era definita "Convention".
Si trattava di un raduno di appassionati che prevedeva la presenza di qualche membro del gruppo, vecchio o nuovo, piu' autorevoli artisti definiti "Cover Band", ovvero riproduttori delle musiche dei Jethro.
L'abilita' di questi artisti era testimoniata dalla possibilita' che essi avevano di interagire con i Tull presenti, esprimendo le loro capacita', sul palco, assieme a loro.
Oltre alla musica con la M maiuscola, c'erano diverse iniziative che avevano uno scopo aggregativo (soprattutto) e, a differenza di un normale concerto, il momento di incontro iniziava nel primo pomeriggio e terminava a tarda sera.
La Convention, normalmente era organizzata nella stagione estiva, ma in questa occasione, era stato deciso il periodo natalizio e precisamente sabato 16 dicembre.
Ma la cosa davvero appetibile era il luogo…Genova… a pochi chilometri da casa.
Il locale dedicato all'evento era inconsueto, il Mazda Palace.
Ma non c'erano poi molte domande da farsi ne sul luogo, ne sull'organizzazione, ne sulle difficolta' di realizzazione e tantomeno sul fatto economico.
Era un regalo di Natale ed i regali si accettano come tali, senza discussioni.
Carlo informo' tutti i familiari, con l'intenzione di arrivare al coinvolgimento totale.
Avverti' che l'unica ovvia risposta entusiastica era quelle di Virginia.
"Ma davvero mi porti…. ma non sono troppo piccola?"
Impossibile non sfruttare la chance.
Virginia stava facendo passi da gigante con il suo flauto ed era in grado di ripetere decentemente i fraseggi di svariate canzoni dei Tull.
A Carlo sembrava che ascoltasse solo quel tipo di musica, ma non ne era certo, e sicuramente non sarebbe stato giusto.
I biglietti vennero trovati miracolosamente, e mentalmente Carlo si preparo' all'evento.
Forse anche Virginia ci stava pensando e la settimana prima dell'evento, proprio di sabato, ne parlarono sul divano.
"Ma ci pensi Virgi, tra una settimana a quest'ora…."
"Pa', ma cosa ci faccio io al pomeriggio… saro' l'unica bimba…"
"Non preoccuparti, se ti annoi …. c'e' il centro commerciale….. qualcosa da fare lo troveremo."
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- Quel pomeriggio del 16 dicembre partirono presto, attorno alle 14.
L'orario di apertura era previsto alle 15.30 .
In macchina Carlo, tutto eccitato, racconto' che era un'occasione unica, che sarebbe stato presente Ian in persona, e poi Bunker , Cornick…. ma a lei i nomi non interessavano…. i personaggi non le interessavano… era solo e sempre questione di musica.
Ian era l'eccezione… il simbolo, l'emblema, anima e cuore, cervello e braccia.
E questo lei lo percepiva, a modo suo, ma lo percepiva.
Il parcheggio della Fiumara era pressoché vuoto a quell'ora.
Posteggiarono e da lì si diressero in una zona interna al centro commerciale, che era stata dedicata alla formazione di stands per i fans.
In una sala dalle dimensioni sacrificate, erano curiosamente disposti in circolo i vari banchetti in cui si poteva acquistare gadget, musica varia, abbigliamento, un po' di birra e… tutto cio' che significava Tull.
Nel centro un piccolo palco.
Sarebbe servito per esibizioni acustiche di bravi artisti, che avrebbero poi rivisto alla sera, in versione piu' elettrica.
Carlo osservava Virginia senza farsi notare e leggeva un po' di disagio.
Non era noia, ma il non sentirsi al posto giusto, unica quattordicenne in mezzo a gente navigata.
"Virgi non ti preoccupare, stai con me, guardati attorno, respira l'aria e assapora l'atmosfera. Cio' che ora non capisci sara' rivalutato nel tempo, e nel peggiore dei casi restera' un ricordo indelebile.
"Dai papa', non preoccuparti, non sono piu' una bambina!!".
Inizio' la musica e Virginia aveva solo occhi e orecchie per il flautista di turno.
Osservava il movimento delle dita , le labbra appoggiate con delicatezza, i trilli, il parlato dentro al flauto, e…. non fiatava piu'.
Lei era li per quello, e adesso lo aveva capito.
A fine pomeriggio era euforica.
Nessuno lo avrebbe pensato, ma Carlo sapeva decodificare perfettamente il comportamento della piccola ed aveva percepito l'arrivo del momento magico.
Il tutto nel contesto che Virginia preferiva: l'atmosfera del Natale.
Quello che per Carlo era diventato il periodo delle riflessioni e della malinconia, per Virginia era fortunatamente il periodo piu' bello dell'anno.
Anche Carlo era su di giri, dopo autografi e fotografie con "gli ex inavvicinabili", cosa che mai avrebbe pensato di fare sino al giorno prima.
Ian Anderson non si vide, nemmeno mascherato o travestito, ma la sua presenza era nell'aria.
Inizio' il concerto serale.
La sala era gremita ed i posti numerati.
La posizione era un po' decentrata, ma considerato il ritardo con cui si erano acquistati i tickets, non era poi cosi' male.
Virginia si guardava attorno spaesata, e sembrava che dicesse: "Allora sono questi i concerti…..?"
La musica parti', con tutti gli attori previsti.
Al primo colpo di batteria Virginia presa la mano del papa' e spalanco' gli occhioni blu , come meravigliata dal susseguirsi delle note.
Carlo gongolava doppiamente: per cio' che provava e per quello che immaginava stesse provando la figlia.
La testa di Virginia roteava per captare ogni piccolo particolare e a questo punto non c'era piu' la preoccupazione dell'eta'.
Ma appena entrava in scena un flauto, lei si immobilizzava e gli occhi conoscevano un 'unica direzione.
A meta' spettacolo entro in scena Ian Anderson.
Non fu annunciato, entro' in punta di piedi e catturo' tutte le attenzioni .
Virginia non riusci' a parlare, ruoto' solo leggermente il capo verso il padre e ne usci' un lieve sorriso di complicita'.
Sembrava che dovesse succedere qualcosa da un momento all'altro, colpo ad effetto usuale nei film.
Le canzoni si susseguivano tra applausi ed emozioni palesi, e la miscela di suonatori in rapido avvicendamento sul palco era ininfluente sul risultato: musica e magia.
Erano le 22 .30 quando accadde il miracolo di Natale.
Ian fece cio' che non aveva mai fatto .
Era un gesto che Carlo aveva visto fare a Brian Adams nei sui concerti.
A meta' serata individuava una ragazza del pubblico e la invitava sul palco.
Si accertava della conoscenza di un particolare testo, ed iniziavano a cantare e ballare assieme.
Era un modo per regalare un momento da cornice, un episodio da raccontare ai nipoti.
In una vita non sono tantissimi i ricordi significativi /positivi e questo proposto da Adams, secondo Carlo, aveva una grande valenza.
O forse era solo tutto proiettato su di se.
Ian si trasformo' per una sera in Brian e si avvicino' al bordo del palco, dopo aver appoggiato il flauto sull'apposito sostegno.
Si guardo' attorno, massaggiandosi il mento con la mano destra.
La domanda' parti' improvvisa.
Carlo non ebbe bisogno di tradurre per Virginia.
Certe cose si intuiscono e non servono spiegazioni.
Lei alzo' d'istinto la mano, incosciente come solo una bambino puo' essere.
Ian la guardo'.
Probabilmente fu incuriosito dalla giovane eta' e dalla prontezza della risposta.
Forse volle mettere alla prova tanta impudenza.
Ufficialmente, davanti al pubblico, giustifico' la scelta con il flash lanciato dagli occhi blu di Virginia.
Lei sali' sicura.
Carlo era interdetto, impaurito dal pensiero dei minuti che stavano per arrivare.
Non ebbe la forza di fermarla e ora sperava che per altri 5 minuti si dimostrasse un'adulta.
Poi poteva tornare bambina.
Ian chiese che cosa avrebbe voluto cantare e anche in questo caso non servi' la traduzione.
Virginia aveva una discreta voce, non molto potente, ma intonata ed in grado di eseguire qualche falsetto.
D'istinto usci' la canzone che le era familiare.
"Wond'ring aloud".
Ian si dimostro' felice e prese il suo chitarrino, mentre il pubblico applaudiva la novita'.
Virginia rifiuto' il testo scritto , che conosceva a memoria e segui' le note proposte dalla chitarra.
Sembrava d'acciaio, senza emozioni.
Anderson forniva il tempo giusto con la testa e lei capiva al volo.
Il tecnico delle luci illumino' solo loro due, in quei pochi minuti che erano diventati secoli.
Mentre erano nell'ovale illuminato, a centro palco, Virginia arrivo' all'apice.
Non fece calcoli e se ne frego' del pubblico e di chi la stava accompagnando con la chitarra.
Come in trance, si giro' di scatto e prese il flauto posto vicino a lei. Il flauto di Ian Anderson!!!
Carlo penso':"Noooooo, non in quella canzoneeeee, non siamo a casaaaa".
Ma ormai era partita.
Ian non la fulmino' con lo sguardo mentre Virginia si inventava la melodia, invitandolo, attraverso un movimento della testa, a sostituirla nel cantato.
Le mani dei presenti sbattevano con energia, mentre Virginia terminava la sua performance con Ian apparentemente compiaciuto.
Virginia non si era dimostrata un mostro di bravura, ma il coraggio e l'incoscienza nascondevano un amore sviscerato per la musica, soprattutto quella dei Jethro Tull.
Era stato un grande regalo di Natale per Carlo, ma soprattutto per la piccola Virginia.
Tutto cio' che accadde dopo fu carino.
Tutti la fecero sentire come una del gruppo anche se lei sembrava frastornata, come su un altro pianeta.
Le rimase impressa la mano di Ian, quella che difficilmente lui concede.
Quella mano le aveva accarezzato i capelli e forse lei non li avrebbe piu' tagliati.
Quando entrarono in macchina era l'una passata.
Faceva abbastanza freddo, anche se gli inverni liguri sono spesso miti.
Il Natale era alle porte e lei lo avvertiva.
Virginia non parlava.
Il tragitto verso casa era breve, ma 40 minuti in silenzio erano troppi, dopo simili avvenimenti.
"Allora, Virgi, cosa mi dici, cos' hai provato.?!"
"Pa', devo ancora capire quello che e' successo, forse domani me ne rendero' conto."
"Non vuoi rendermi partecipe?"
"Una cosa te la devo dire. Ti ricordi quando mi hai parlato della felicita', di cosa era per te, del metodo che avevi per individuarne i sintomi?"
"Certo che lo ricordo".
"Papa', sul palco mi e' mancato il respiro. Era quella la felicita'?"
"Virginiaaaaaaaaaaa, quella era paura, non confondere i sentimenti…. ahahaha", minimizzo' il padre.
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Carlo ando' a letto leggero quella sera.
Aveva contribuito a costruire un magico Natale.
Il magico Natale di Virginia.
Athos Enrile

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1 - CONVENTION 2006: SOGNARE COSTA POCO…!
Savona, 25 Settembre 2006

Dopo ogni concerto, sento la necessita' di scrivere e di fissare per sempre le sensazioni provate.
Lo faccio per me stesso, perche' so che rileggendo, a distanza di tempo, riusciro' a rivivere il momento, sfumature comprese. Lo faccio anche per una sorta di narcisismo. Lo faccio anche perche' ho verificato che le cose che scrivo possono essere messe a disposizione della comunità, stimolando la comunicazione tra persone che hanno interessi simili.
Sabato ho partecipato per la prima volta alla "Convention" dei Jethro Tull e vorrei raccontare la mia giornata, rimanendo in superficie relativamente al fatto tecnico, alle capacita' dei musicisti, alle performance sul palco. Sono certo che le persone presenti avevano solo bisogno di partecipare ed essere a loro volta protagonisti, senza voglia di critica tecnica (anche se con le mie orecchie ho sentito dire "Tagliaferro al posto di Jonathan Noice", che non mi è sembrata una nota di merito per il presidente, ma una bocciatura per il bassista assente). Ma io, perchè ero li'? Perchè, nell'occasione, mi sono iscritto al Fan Club?
Perchè ero emozionato come un adolescente all'idea di possedere una fotografia con Cornik, da incorniciare e mettere in bella esposizione? Potrei limitarmi ai loro concerti, tempo permettendo! Potrei ascoltare comodamente la loro musica seduto in poltrona! Magari vedere un loro DVD o qualche scena "rubata" con la mia videocamera!!!
Ho aperto il libro sui Tull, comprato alla Convention, a scena conclusa , e ho letto la frase di Wharol che mi ha dato prontamente la risposta.: "L'importante , nella vita, è crearsi una colonna sonora". I Jethro Tull sono la colonna sonora della mia vita.
Non esiste una motivazione razionale che spieghi questo "folle amore", ma ho dentro immagini indelebili, momenti molto nitidi, come quel giorno di settembre del '71, quando assieme ad amici e amiche in vacanza in un paese delle Langhe, riuniti attorno al tavolo ascoltavamo "Inside". Ecco l'affresco… una tavola, una vetrata rivolta verso i prati verdi, la vacanza, l'amico del cuore, la ragazza da stringere e…..Inside. E poi mia madre che arriva a casa con la maglietta comprata al mercato del lunedì, con su stampata la copertina di Aqualung.
Lei non aveva idea di cosa potesse rappresentare…io avevo gia' opinioni chiare!!!.
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Dopo questo lungo cappello, dedicato al cuore, veniamo alla mia personale cronaca del 23-09-2006.
Arrivo da Savona molto presto; sono le 14.30 quando la mia ansia da concerto mi porta davanti al centro fieristico. Mi guardo attorno per cercare di capire il verso giusto, non ho assolutamente idea di cosa voglia dire, dal punto di vista organizzativo, un meeting a tema come questo. Valeva la pena arrivare prima.
In un tavolino esterno, nel bar del centro fieristico, intravedo Glenn Cornick, con tanto di pargolo e amici. Impossibile descrivere efficacemente cosa significhi per me avere a pochi metri un "personaggio" che ho sempre visualizzato sulla copertina di "Benefit", col nastro in testa. Certe persone sembrano irraggiungibili e mi chiedo cosa possa provare una giovane ragazza come Silvia Perlini a stare sul palco accanto a Ian. Un gruppo di romani lo saluta calorosamente, come fosse un vecchio compagno di scuola ritrovato dopo tanto tempo, e lui sta al gioco, o forse è davvero contento di suscitare entusiasmo. Si alza per le foto richieste , ma i suoi occhi seguono il piccolo (immagino sia il figlio) che di foto non ne vuole sapere. Glenn declina gentilmente la richiesta, rimandando tutti all'interno, all'apertura degli stands. Tra me e me penso:"Forse ad un autografo ci arrivo, ma il coraggio per una picture ...dove lo trovo?"
Sono le 15.30 ed entriamo. Registro un minimo di delusione per le dimensioni ridotte dei locali. A posteriori direi che era sufficiente lo spazio dedicato alle vendite mentre il palco, e soprattutto la zona antistante ad esso, erano un po' sacrificati. Ho occasione di incontrare il presidente e, presentandomi, chiedo lumi sull'iscrizione al Fan Club. Probabilmente si ricorda del mio nome non comune, Athos, utilizzato in diversi scambi di mail . Oppure e' un gesto di cortesia, ma mi indica comunque la pista giusta.
Non ho ancora capito molto dei vari meccanismi del Fan Club, non certo assimilabili con la mera consultazione del sito, ma il solo fatto di sapere della"confidenza" tra il presidente e i vari Tull, e della sua possibilita' di suonare spezzoni con loro, gli conferiscono ai miei occhi un'autorevolezza che va oltre i suoi meriti di organizzatore. Che sia davvero il prossimo bassista dei Jethro?
Andrea Vercesi inizia a suonare. Anche con lui ho avuto scambi di posta elettronica e nel corso del pomeriggio riusciro'(forse) a farmi riconoscere. Mi sembra molto emozionato, forse perchè è la prima esibizione ad una Convention o più semplicemente per la presenza dell'Olimpo con tutti gli Dei presenti. La sua trasformazione di pezzi elettronici in acustici è molto gradevole ed io videoregistro il possibile, ben piazzato in prima fila. Si uniscono a lui, in momenti diversi, un cantante (Rossetti) ed un flautista (Scaravilli), che contribuiscono alla riuscita dell'esibizione. Andrea non e' fortunato nell'occasione. Una corda della chitarra si rompe ed anche il cambio chitarra, a fine canzone, risultera' problematico, con una perdita di tempo significativa, per chi ha a disposizione 35 minuti. Ma quanto nervoso! "Andrea, non so quanto tu possa tenere ad un mio giudizio, ma cio' che volevi far passare, la tua musica, e' arrivato a destinazione".
Vado avanti e indietro per il corridoio, incontro Francesco, conosciuto al concerto di Milano di maggio e… ecco Glenn Cornik ad un metro da me, contorniato da fans. Vado o non vado? Ma si, chissenefrega!! "Francesco, mi fai una foto vicino a lui?". Mi avvicino, chiedo l'autografo e… trovo il coraggio. Parte il flash. Non potro' esibire la mia rarita', mia moglie ed i miei figli faranno solo finta di capire, ma io mi sento felice come un bambino e avverto, a torto o a ragione, l'appartenza ad una ristretta cerchia di persone , quelle persone che traggono beneficio interiore dalla canzone giusta, dalla fotografia giusta, dall'atmosfera giusta ...il tutto nel mondo dei Tull.
Mi avvicino alla vendita del cd dei Wild Turkey. C'è uno strano gioco consistente nell'indovinare la città posta sullo sfondo della cover del cd. Premio, mi pare, una Fender con firma dei Jetrho.
Discuto con una deliziosa ragazza inglese dietro al banchetto, cercando di carpire qualche informazione, ma l'unica cosa che le "rubo" è che la citta' in questione non è in Inghilterra, data la presenza di palme. Scrivo il mio nome ed un banale "Miami", compro il cd più la line up del gruppo e mi sposto. Incontro due vecchi amici di Savona, due gemelli musicisti , anche loro a caccia di rarità "progressive".
Mi impossesso di un dvd dei Focus, vecchio gruppo che ad inizio anni 70 faceva il verso ai Jethro Tull , e mi riavvicino al palco.
Sono di scena Gianni Mocchetti e Silvia Perlini ed io mi esalto prendendo ancora una volta coscienza che esistono persone giovani come Silvia che amano un genere nato molti, molti anni fa. Certe cose vanno coltivate ed io, nel mio piccolo, contribuisco, se e' vero che mia figlia di 12 anni, tra le variegate suonerie del cellulare, ha anche Bourèe.
Ed ecco un altro personaggio con cui farsi immortalare: Jhon Weathers. Lo avevo visto nel '72, credo, al teatro Alcione di Genova, con i Gentle Giant, alla presentazione di "In a glass house", ed ora era li', sorridente, apparentemente contento di essere coinvolto. Un altro flash di Francesco per me.Sul palco arrivano Lelli e Lincoln . Non li ho mai sentiti: accidenti che mostri!!
Il tempo vola e mi sento sempre piu' a mio agio, sicuro di potermi vantare un giorno, dicendo:"Anche io c'ero!". Sono le 18.45 e dobbiamo uscire. I possessori del mitico bollino blu incontrano Ian. I comuni mortali come me riempiranno la breve pausa mangiando qualcosa. E così scopro che a Novi Ligure si può mangiare pizza, gelato, birra e caffè per la modica somma di 10. Complimenti!!!
Si apre l'entrata principale ed io mi sistemo in posizione 306, davanti alla vendita della birra (forse c'era qualcos'altro, ma io ho visto solo quella). Vicino a me i due amici di Savona, e questa è una assoluta casualita'. Francesco è nelle prime file, ma lui ha già cinque Convention alle spalle… stellette guadagnate sul campo. Mi guardo attorno, nel solito tentativo di "captare l'ambiente" e respiro profondamente… anche i profumi si collegheranno ai pezzi sul palco e alla mitica serata.
Con puntualita' iniziano i Wild Turkey. Sono contento di avere preso il loro cd. E' buona musica quella che ci propongono e la presenza di Ian, in un pezzo, nulla aggiunge alla loro performance, al di là del forte impatto emotivo. Cerco di registrare il possibile, con mille difficoltà, tra teste enormi che non stanno mai ferme. Non importa, è il ricordo che mi interessa e la perfezione della mia ripresa non è importante..
Sul palco Weathers si dedica alle percussioni (non sapevo avesse problemi fisici) e Clive Bunker sembra un ragazzino instancabile.
Arriva l'intervallo che occupo con le mie solite, noiose riflessioni: ho da sempre due passioni, il calcio e la musica ...e se avessi perseguito con tenacia almeno una delle due? Non potrei essere anche io sul palco ora?
Oreglio mi riporta alla realta' quotidiana, alle serata passate in famiglia a vedere Zelig. Mi strappa qualche risata, ma io sono lì per la musica. Salgono on stage i Beggar's Farm e da quel momento è un mixing di artisti che si susseguono, si interscambiano e si divertono.
Mi stupisce la fedeltà di certe "riproduzioni" (ma quanto e' bravo quel Marcello/Barre) e mi viene da farmi una domanda terra terra: "Ma si riesce a campare facendo la Cover Band?" Evidentemente si'. Aleggia il nome di Taulino, "richiamato" a più riprese durante la serata. Spero non ci siamo motivi gravi dietro alla defezione. Ma quanti mostri sul palco!! A questo punto perdo la cronologia degli eventi.
David Pegg, Bunker, Cornik, Lelli, Lincoln,Tinkara (gia' vista a Mantova), Griminelli e… Ian Anderson. Che uomo magico! Che genio !!! Secondo me non puo' esserne pienamente consapevole. Non e' il suo modo di suonare il flauto… non e' il suo modo di suonare la chitarra… non e' il suo modo di cantare (si', anche attualmente e' incomparabile)… ma è quello che riesce a creare, confezionare e trasmettere, suscitando emozioni uniche.
I vari componenti della Beggar's Farm si danno il cambio sul palco e Ian li guida, puntualizzando i sui "desideri" con la mimica, fornendo i tempi giusti. On stage anche il presidente, ma di lui, come futuro membro dei Tull , ho gia' accennato. L'ultimo ricordo e' per Silvia Pierini.
A me sembra una bellissima voce e poi… potrebbe avere migliore legittimazione di quella di Ian?
Silvia, ti invidio. Questo e' stato davvero sorprendente per me… vedere Anderson alla chitarra accompagnare Silvia in "Dun Ringill". Ora sono tutti sul palco. La serata è quasi finita e non sono previsti bis. Vado avanti e indietro, come alla ricerca di un'appendice musicale.
Mi avvicino al palco e fotografo gli strumenti, mia grande passione. Mi dirigo verso l'uscita, nell'unico posto vendita rimasto, e compro il libro su i Jetrho Tull. Ho sete; sono stato ore seduto, senza pensare a bere un goccio d'acqua, ma ora una birra ci sta. Mi accorgo del formarsi di un capannello di persone accanto al palco e mi avvicino. La coda dell'occhio è oltre le tende , quelle tende che amici degli amici riescono a superare… anche qui le conoscenze servono! Il muro di persone accanto al palco nasconde un altro mito: Clive Bunker. E' il mio turno. Passo a Clivio il libro su cui firmare e gli dico :"Clive, please, can you sign on the head of Ian?". Lui sorride ed esegue. Mi concede la foto e mi lascia un altro ricordo da incorniciare. Ora è davvero finita.
Mi metto in macchina ed inserisco subito il cd dei Wild Turkey. Ripenso alla giornata , a ciò che ho vissuto, all'esperienza fatta, e le persone che sono riuscito a "toccare" ritornano ad essere per me un mondo irraggiungibile.
Sogno ad occhi aperti, immagino di incontrare Clive, Glenn, Pegg (Ian non oso neanche sfiorarlo) e a loro chiedo:"Suoniamo assieme stasera?" Sognare costa poco … ma poi, quel giorno che arrivai a casa col vinile di "Thick as a Brick" appena comprato, messo sul "giradischi", e sentito 10 volte di seguito… se mi avessero prospettato un 23 settembre 2006 come quello appena passato… non l'avrei scambiato per un sogno?
Grazie a tutti.
Athos Enrile


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