La
locazione scelta per questa data di fine
settembre è stata il Fillmore di Cortemaggiore,
a Piacenza, spazio storico per gli appassionati
di un certo tipo di musica. Il
programma
prevedeva un’apertura al pubblico alle 18, per
favorire l’incontro tra fan, vecchi e nuovi,
l’acquisto di eventuali documenti “storici” del
mondo tulliano e, attraverso l’angolo del
merchandising, appropriarsi dei ricordi tipici
delle Convention. A seguire un ricco buffet.
Di fatto il
Teatro è costituito da galleria, platea e,
all’interno, ampio angolo bar per la
socializzazione del caso, e tutto mi pare abbia
funzionato correttamente. Per quanto riguarda il
cuore della serata, la musica, è stata creata
una barriera temporale tra l’esibizione di Ian
Anderson (e band) e ospiti (o padroni di casa, a
seconda dei punti di vista).
Alle 21 si inizia infatti con la Beggars’ Farm
al gran completo (e qualcuno in più) che verrà
arricchita dalla presenza di alcuni amici
consolidati : Clive Bunker, Bernardo Lanzetti e
Lincoln Veronese.
Dalle 22.45
il palco è stato consegnato a Ian Anderson nella
sua versione acustica, con John O’Hara e Florian
Opahle. Anche in questa seconda parte un paio di
ospiti, ancora Lanzetti e poi la sconosciuta Eva
Basteiro-Bertoli, non inserita nel programma
ufficiale.
Sono
rimasto molto soddisfatto da ciò che ho
ascoltato.
Conosco perfettamente i contesti in cui si muove
Franco Taulino, leader della Beggar’s, e parlare
di qualità diventa superfluo, seppur piacevole.
Ogni spettacolo da lui confezionato assieme ai
“suoi” musicisti e ai suoi “invitati” è una
garanzia di successo, e sottolineo che ciò non
si ottiene con la sola tecnica, seppur
raffinata. Repertorio Jethro, tranne in
un’occasione, quando Bernardo Lanzetti ci
riporta alla PFM con
Chocolate Kings.
Ma ho
rivisto con piacere Lincoln Veronese che mancava
dalla Convention del 2006 a Novi Ligure. Non si
è limitato a cantare e suonare la chitarra, ma
ha aggiunto (novità per lui) il mandolino con
cui si è esibito in due brani (ho perso il
primo, ma ho ascoltato una bella versione di
“Love Story”).
Bunker non
stupisce più, anche se resta da chiedersi dove
trova una simile energia alla veneranda età di
65 anni… picchia sulle pelli e non sui tasti di
un piano!
Si
spazia dal repertorio più “epoca Bunker” sino a
quello meno antico, per terminare con Dharma for
One che consente a Clive di esibirsi nel solito
assolo ad effetto. Pubblico incandescente e…
surriscaldato, per effetto di un caldo
“tropicale” e un deficitario ricambio d’aria.
Il
passaggio tra la prima parte di spettacolo e la
seconda permette quindi di rinfrescarsi e
reintegrare i liquidi.
Dalla mia
postazione di favore, quasi a contatto col
palco, ho seguito i dettagli, come mai mi era
capitato e ciò ha avuto enorme valore quando Ian
e soci sono arrivati on stage. Non avevo mai
visto Il gruppo versione acustica, ed è stato
piacevole. Per diversi motivi.
Intanto sottolineo che la rivisitazione di brani
che ascolto da anni in modo tradizionale mi ha
pienamente convinto. Un esempio su tutti è
Locomotive Breath, brano che viene propinato in
ogni concerto come bis e che faccio estrema
fatica ad accettare. Il “vestito” acustico ha
donato nuova linfa e ho ritrovato una certa
voglia di ascolto. Ma acustico non significa
privo di ritmo (preoccupazione di molti), e
molti tools sono stati aggiunti agli strumenti
tradizionali, come il tamburello sotto al piede
di Anderson, o una discreta serie di piatti e
piccole percussioni al contorno delle tastiere
(più uno strano strumento/ giocattolo utilizzato
da O’Hara in “Up The Pool”). Non posso
dimenticare il contributo percussivo di Opahle.
E proprio
quest’ultimo è stato per me sorprendente. Sapevo
della sua giovane età e della sua
provenienza(Germania), ma non lo avevo mai visto
dal vivo. Mi è sembrato mostruosamente bravo,
tecnico, fantasioso e a proprio agio col
classico/acustico, nonostante l’amore metal.
Fantastici
i fraseggi con Ian e sorprendente la sua
semplicità d’esecuzione, tanto che, osservandolo
da vicino, dimostrava un’assoluta disinvoltura,
da artista consumato che non conosce la tensione
da palco.
Che dire di
Ian. Sempre il solito istrione con poca voce,
giocherellone e fantastico musicista; detta i
tempi ma lascia spazio agli altri, persino ad un
divertito Lanzetti che con la band propone
Impressioni di Settembre.
Il
successo di pubblico è stato tale che ho subito
malignamente pensato ad un po’ di disappunto di
Ian (che notoriamente è il re del palco), ma
Bernardo mi ha rimesso sulla buona strada
dicendo:” …ma noo… mi ha persino richiamato per
i saluti finali!!”
Un piccolo
aneddoto (quelli che di solito piacciono…)
riguarda l’incontro pomeridiano tra i due.
Lanzetti era stato istruito a dovere sulle
piccole manie del nostro flautista e quindi …
non gli ha porto la mano, ad esempio. Ma anche
Ian si era cimentato in qualche ricerca
“googleando “ Lanzetti, preoccupato dal fatto di
trovarsi davanti un… settantenne. Piena intesa
alla fine sul palco e simpatico il siparietto
del “gomito a gomito”.
Torno alla
musica e a O’Hara, spesso bistrattato, ma
dall’atteggiamento tecnico pregevole. E’ vero… a
volte sembra capitato sul palco per caso, con
l’aria un po’ sognante, ma mi è apparso come
“l’uomo giusto al posto giusto”.
Mi è
sembrata in chiaro disagio la giovane Eva.
Nessuno, salvo gli addetti ai lavori, sapeva
della sua presenza. E’ salita sul palco
presentando una sorta di autogiustificazione
ironica, essendo conscia, credo, che nelle
occasioni precedenti gli ospiti si chiamavano
Barlowe, Pegg, Conway e persino Jeffrey Hammond.
Due brani, il primo, senza nome, tutto suo,
arrangiato da Ian e soci, e come seconda
proposta The Poet & The Painter. Bene il lato
compositivo (ho riascoltato il pezzo anonimo e
mi piace), ma carente l’aspetto vocale per
effetto, forse di una tonalità inadeguata.
Sbagliato
il contesto (anche se Eva era già presente alla
Convention spagnola)… gli afecionados delle
convention e dei Tull in genere non hanno
compreso. Brani rivisitati dicevo, come Aqualung
e Bourèe, ormai standardizzati e in questa
occasione tornati “freschi”.
Cento
minuti, questa la durata di una performance che
potrebbe l’unico futuro di Ian.
E lui come
è stato? Verso la fine si è preoccupato di
persona di andare a redarguire, con flauto e
occhiatacce, un giovane un po’… alticcio che in
piedi, attaccato al palco si rivolgeva al
pubblico incitandolo con un improbabile : ” …
stand up!”. Nessuno ha seguito il suo consiglio
e l’uomo si è dileguato, forse convinto
dall’avvicinarsi di una minacciosa montagna
vivente.
E poi,
sorpresa delle sorprese, si è fermato sul palco
è ha distribuito autografi e si è fatto
fotografare (e Gian Piero Chiavini ha perso il
sonno dopo la conquista!) con insolita
disponibilità.
Conclusioni e pensieri.
Detto della
musica occorre spendere qualche parola sul
contorno, cioè su quello che rappresenta
veramente una Convention che dovrebbe riunire
fan che si reincontrano o si guardano negli
occhi dopo una lunga conoscenza virtuale, o si
ritrovano casualmente, spinti dallo stesso
obiettivo.
Personalmente mi è mancato un po’ il contatto
che iniziava con i concerti del pomeriggio
(parlo di Novi e Alessandria), momenti
supplementari che favorivano la socializzazione.
Forse era anche alta la percentuale di chi era
li per un concerto vicino a casa e non per la
Convention… forse era anche poco simpatico il
brusio di chi beveva e chiacchierava al bar
mentre era in corso il concerto… ma sono piccole
cose rispetto alla portata globale dell’evento.
Chi ha organizzato, Aldo Tagliaferro in primis,
ha fatto dei miracoli che spero siano stati
apprezzati.
Una via da
seguire per il futuro potrebbe essere quella di
avvicinare l’evento verso il centro Italia,
nella speranza di coinvolgere anche i fan del
centro sud. Finale di serata in uno splendido
castello trasformato in hotel, con nessuna
voglia di dormire, e con tantaadrenalina ancora
in corpo.
Qualche viso sarà per sempre associato alla
Convention 2011… Ale Gaglione, Wazza e Gemma e i
romani, Tagliaferro, Caterina, Valerio,
Alessandro, Andrea, Fulvio, Marco, Bernardo,
Amneris, Franco, Lincoln, Erica, Manuel,
Giampiero, Carolina… al di fuor di retorica, una
Convention è fatta anche di questo, piccole
fotografie che resteranno per sempre!
Athos [tratto dal blog
de Itullians] |