IL WEBMASTER...RINGRAZIA - 7 Maggio 2003
Vorrei ringraziare a nome del Fan Club
tutti coloro che stanno spontaneamente collaborarando alle attività e alle rubriche di questo sito, in particolare
Cristina Pierini, Persio Tincani, Massimo Chiodini, Guido Chiapasco, Aldo Miola, Carlo Pavone, Andrea Zaccarelli,
Francesco Trotta, Giacomo Lelli, Nando"Kena"Frighetto, Alberto"The Professor", Mauro Benvenuti,
Giuseppe Tessarin (spero di non aver dimenticato nessuno!). Con il loro contributo il sito de Itullians si sta
arricchendo sempre più di notizie, foto ed utilità diventando, assieme alla fanzine curata dal nostro
Presidente, un collegamento fondamentale di informazione tra i Jethro Tull ed i Fans italiani. A presto...
LINCOLN
APPELLO - 2 Aprile 2003
Date una mano alla divulgazione della musica dei Jethro!! Se conoscete
luoghi dove solitamente viene fatta musica dal vivo (Pub, Associazioni,, Birrerie, Piazze, Assessorati ecc.) non
esitate a proporre ai gestori una serata a tema dedicata ai J.T. proposta da un gruppo più o meno locale.
Ciò servirà a far conoscere soprattutto ai giovani che questo gruppo esiste ed è ancora in
piena attività, cosa che i media stentano ancora a riconoscere.
ITULLIANS FAN CLUB
ROMA: E' MORTO ALBERTO SORDI - 25 Febbraio 2003
Da: http://www.repubblica.it/news/ired/ultimora2/sordi.htm
E' morto oggi a Roma Alberto Sordi. Il popolare attore romano è
morto questa notte nella sua villa di piazza Numa Pompilio, a Roma. Aveva 82 anni. Sordi era assistito dalla sorella
Amelia. Sempre a quanto si è appreso, la morte è stata provocata dalla grave malattia che lo aveva
colpito negli ultimi sei
mesi. Dopo Giorgio Gaber il popolo de Itullians esprime il proprio cordoglio
per la scomparsa di Alberto Sordi ed il suo incomparabile genio artistico. Ciao Alberto e grazie di essere esistito!.......
ITULLIANS FAN CLUB
ADDIO AL "SIGNOR G": E' MORTO GIORGIO GABER - Gennaio 2003
Credo sia doveroso rendere omaggio ad un personaggio che è sempre stato all'avanguardia
nella musica e nello spettacolo italiano. Una sorta di Ian italiano, un "genio" sempre innovativo e fuori
dagli schemi. Il popolo de Itullians lo salutano con grande stima ed affetto.
Il cantante e attore Giorgio Gaber e' morto a Montemagno. L'attore si è
spento a 63 anni dopo una lunga malattia nella sua casa in provincia di Lucca. Gaber, nato a Milano, aveva 63 anni
ed era malato da tempo.Dopo gli esordi e il successo in tv, solo sul palcoscenico una vita nel teatro-canzone.L'ultimo
disco, "Io non mi sento italiano", uscirà postumo.
Giorgio Gaber non era un pollo d'allevamento. Aveva scelto di non
esserlo all'inizio. Quando il successo era già arrivato. Quando era già una faccia, quella sua bella
faccia con il nasone enorme, da festival di Sanremo o da varietà anni Sessanta. Ma non era quello il successo
che Giorgio Gaberscik, in arte Gaber, classe 1939, meneghino doc, voleva davvero. Non voleva pailette e lustrini,
insomma, ma il palcoscenico. Era il teatro quello che voleva. Per cantare come un attore. E per recitare come un
cantante. Per raccontare l'Italia che vedeva, e attraverso l'Italia per raccontare sé stesso. E' morto a
63 anni, dopo una lunga malattia. Gli inizi, quando aveva vent'anni, al Santa Tecla di Milano, dove si fanno vedere
ogni tanto Celentano e Jannacci. C'è anche Mogol, che gli propone un provino per la Ricordi. Ne esce un
disco, con quattro canzoni, La più famosa è Ciao, ti dirò, scritta con Luigi Tenco. Siamo
a cavallo degli anni Sessanta. Tra poco l'Italia comincerà a bollire, e Gaber cambierà passo. Ma
intanto ha successo come cantante melodico (Non arrossire) e come entertainer ironico (La ballata del Cerruti,
Torpedo blu). Sono gli anni del festival di Sanremo, quattro edizioni. Sono gli anni della tv e, nel 1969, di Canzonissima.
Che per Gaber è la fine di un'epoca e l'inizio di tutta un'altra storia.
A Canzonissima canta Com'è bella la città, memorabile e anticipatrice canzone sull'alienazione metropolitana.
Troppo cattiva, troppo vera, perché la sua carriera possa seguire i canali tradizionali. Il Piccolo Teatro
di Milano se ne accorge, e gli offre la possibilità di allestire un recital. E' la svolta: nasce Il signor
G. Vale a dire che il signor Gaber abbandona la tv (dove tornerà pochissime volte), e farà della
sua vita d'artista una sequenza irripetibile di spettacoli dal vivo. E' l'esordio del teatro-canzone, la formula
tutta sua nata dal mix tra cabaret e Jacques Brel, ed è anche l'inizio della collaborazione con Giorgio
Luporini. Insieme, negli anni a venire, saccheggeranno per i testi Celine, Sartre, Borges. Insieme racconteranno
la gioia e l'idiozia degli anni Settanta, la volgarità e il delirio degli Ottanta, il disincanto dei Novanta.
Suscitando passioni ed entusiasmo, ma anche attirando su di sè le accuse di qualunquismo, e anche peggio.
Il Gaber di Far finta di essere sani (1972), di Libertà obbligatoria (1976), di Polli d'allevamento (1978)
è l'uomo di sinistra che detesta le pose della sinistra di piazza, ma anche gli alambicchi della sinistra
ufficiale. E' il rivoluzionario che mentre i rivoluzionari chiedono più libertà, diffida della troppa
libertà, E' il cantante, l'attore, e di nuovo il cantante che non smette di tenersi attaccato alla propria
individualità, ma non sa smettere di subire il fascino della Storia. Lo dirà in una canzone memorabile,
La strada, una risposta alla paura negli anni bui del terrorismo che però prelude al ripiegamento e alla
delusione. Quella che molti anni dopo lo porterà a cantare che oramai Destra e Sinistra sono uguali. E a
tornare sempre di più all'io, all'indagine sui sentimenti e sui misteri delle emozioni umane.
In mezzo ci sono altre prove straordinarie. Monologhi che valgono più di un saggio di storia, come Qualcuno
era comunista, e grandi prove d'attore, come ne Il Grigio (1989), dove per la prima volta si cimenterà solo
con la parola teatrale, senza canzoni. Ed è qui che forse raggiunge il punto più alto della sua vita
d'artista. Il Gaber che cantava quindici anni prima Libertà e partecipazione, ora si chiede come si può
amare senza retorica, come si può trasformare l'amore in qualcosa che "Non sia una farfalla che si
posa di fiore in fiore", ma diventi davvero "Terra e materia..., cosa".
Forse, come canterà in un altro dei suoi spettacoli, la sola risposta è affidarsi ai Piccoli spostamenti
del cuore. Ma chi ha davvero una risposta per un amore che finisce, come dirà nelle parole de Il dilemma,
la sua canzone probabilmente più bella. Sono gli ultimi anni della sua carriera, e sono lontani i tempi
della clamorosa invettiva contro Aldo Moro, pronunciata in Io se fossi Dio dopo l'uccisione da parte delle Brigate
Rosse. Ma Gaber non ha smesso mai del tutto di parlare di "politica". Solo che la sua politica, il suo
mondo, sono ormai il teatro di una sconfitta. Lo dirà nel suo ultimo lavoro, La mia generazione ha perso,
prima di un nuovo disco ("Io non mi sento italiano") che ora uscirà postumo.
Una sorta di testamento, anche se sfogliando gli spartiti e i testi di trent'anni di teatro-canzone, almeno un
altra pagina meriterebbe di recitare, insieme al suo autore, l'epitaffio per una vita d'artista vissuta pericolosamente
in bilico tra dramma e sarcasmo. "Qualcuno era comunista perché pensava di poter essere vivo e felice
solo se lo erano anche gli altri...", cantava Giorgio Gaber raccontando l'anima e il cuore di una generazione.
Quella che ha perso, certo, ma che probabilmente se n'è andata con lo stesso sogno di allora.
Il cantante e attore aveva 63 anni. E' deceduto nella sua casa a Montemagno, in provincia di Lucca: era malato
da tempo.
MILANO - Il cantante e attore Giorgio Gaber è morto a Montemagno, nella sua casa in provincia di Lucca.
Gaber, nato a Milano, aveva 63 anni ed era malato da tempo. Il funerale si svolgerà venerdì3 gennaio,
alle 14, nell'Abbazia di Chiaravalle (Pavia). Alla mattina, dalle 9 e 30 alle 13, sarà allestita la camera
ardente nella sede di via Rovello del Piccolo Teatro di Milano. Con "La mia generazione ha perso" (album
uscito nel 2001) Gaber era tornato al mercato discografico ufficiale, dopo molti album esclusivamente dedicati
alla registrazione integrale dei suoi spettacoli. Il 24 gennaio uscirà "Io non mi sento italiano",
l'ultimo lavoro del grande artista italiano.
LA VITA - Giorgio Gaber (vero nome Giorgio Gaberscik) nasce a Milano il 25 gennaio 1939. All'età di 15 anni,
si esercita con la chitarra per curare il braccio sinistro, colpito da paralisi. Dopo aver conseguito il diploma
in ragioneria, s'iscrive alla facoltà di Economia e Commercio della Bocconi e si paga gli studi con i soldi
guadagnati suonando al Santa Tecla, un locale milanese frequentato fra gli altri da Adriano Celentano: per un certo
periodo di tempo, fa parte del gruppo che accompagna quest'ultimo, assieme ad Enzo Jannacci.
BRILLANTE CARRIERA - Proprio al Santa Tecla, sul finire degli anni '50, viene notato da Mogol, che lo invita alla
Ricordi per un'audizione: il provino ha esito positivo, ed è lo stesso Ricordi a proporgli d'incidere un
disco che risulta composto da quattro canzoni, la più celebre delle quali è certamente "Ciao,
ti dirò", scritta con Luigi Tenco: comincia così una brillante carriera che, nel corso del decennio
successivo, lo vede cantante melodico di successo ("Non arrossire", "Le nostre serate", "Le
strade di notte") ed entertainer garbato ed ironico ("Il Riccardo", "Trani a gogò",
"La ballata del Cerruti", "Torpedo blu", "Barbera e champagne").
IL MATRIMONIO - Nel 1965, si sposa con Ombretta Colli. Partecipa inoltre a quattro edizioni del Festival di Sanremo
(con "Benzina e cerini", 1961; "Così felice", 1964; "Mai mai mai Valentina",
1966; "E allora dai", 1967), oltre a condurre vari spettacoli televisivi; nell'edizione 1969 di "Canzonissima"
propone "Com'è bella la città", uno dei primi brani che lasciano intravedere il successivo
cambio di passo. Nello stesso periodo, il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilità di allestire
un recital, "Il signor G": da qui, la sua decisione di abbandonare la facile popolarità offerta
dalla tivù, per concentrarsi esclusivamente sugli spettacoli dal vivo, nelle forme del teatro-canzone. "Far
finta di essere sani" (1972), "Libertà obbligatoria" (1976), "Polli d'allevamento"
(1978), "Il grigio" (1989), "E pensare che c'era il pensiero" (1995), "Un'idiozia conquistata
a fatica" (1998) sono i suoi lavori più significativi: fino al trionfale ritorno, nel 2001, con un
nuovo disco, "La mia generazione ha perso".
Da: http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/giorgiogaber/giorgiogaber/giorgiogaber.html
LINCOLN
|