MINSTREL IN THE GALLERY
Minstrel in the Gallery(1)
(MENESTRELLO NELLA GALLERIA)
Il menestrello nella galleria
guardò dall'alto in basso(2) i volti sorridenti.
Incontrò gli sguardi - osservò gli spazi(3)
tra il chiacchiericcio dei vecchi
Distillò una canzone d'amore e odio - subdoli(4) suggerimenti - e attese.
Attrasse mangiatori di zucche(5),
carrozzieri che borbottano elettricità.
Lavoratori imbroglioni freschi di tute fluorescenti
(salariati e che si sfregano il colletto).
Stimolò gli uomini d'azione - con la pancia al caldo,
le mani che massaggiano le parti che non si nominano mai.
Calmò i comici dotati di battuta
fulminante, ancora col pannolino e che urlano come dei neonati,
i produttori di documentari per la Tv
(rimpinzati e intraprendenti(6)).
Giocatori di backgammon della domenica(7),
feriti dalla famiglia e misogini.
Poi chiamò giù il gruppo(8) sul palco
e guardò tutti gli amici che si era fatto.
Il menestrello nella galleria gettò
un'occhiata sul formicaio(9) umano.
E buttò via lo specchio,
vide in ognuno la propria faccia
(1) E’ la traduzione letterale, troppo immediata per essere sostituita con la più
corretta “sulla balconata” o, meglio ancora, “nel loggione”. La gallery in questione non è solo una finzione
artistica per indicare un luogo di osservazione privilegiato né si spiega con la sola foto di copertina:
lo studio era piazzato in quel modo ed era la prima volta che i Jethro utilizzavano lo studio mobile che avevano
appena acquistato. I risultati tecnici sono eccellenti, e lo stesso Anderson era molto soddisfatto del livello
della registrazione. Il menestrello è uno solo, la “band” viene coinvolta alla fine della canzone, ma è
solo un contorno. Il termine minstrel, medievale, deriva dal latino ministerium ed indicava servi, buffoni, cantori
o musicisti che recitavano su richiesta dei propri patroni. Oggi lo studio di registrazione ha sostituito le sale
dei banchetti, ma i patrons rimangono. E Anderson si sente ridotto al ruolo di “cavalier servente” della musica,
impossibilitato ad uscire dal circolo vizioso e inebriante del luccicante mondo musicale.
(2) Look down, letteralmente “guardare giù”, ma vuol dire anzhe “guardare in modo sprezzante”.
(3) Ardita l’idea di vedere degli spazi (fisici) tra qualcosa di impalpabile (cackle: chiacchiericcio, brusio,
schiamazzo).
(4) Il gioco delle voci narranti è complicato: oltre al menestrello c’è un terzo affabulatore, ovvero
il testo vero e proprio della canzone che sottolinea come il menestrello lanci ad arte oblique suggestions, suggerimenti
indiretti, per vedere l’effetto che fa.
(5) Inizia la parte più difficile da tradurre: è una serie di personaggi resi attraverso idioms tipicamente
inglesi, moderni e di difficile resa in un’altra lingua. Conta, più che la descrizione precisa, rendere
le tipologie dei personaggi. Poco importa se i mangiatori di zucca siano i carrozzieri stessi o altre persone (sono
possibili entrambe le interpretazioni). Molti termini trovano probabilmente posto per la felice costruzione sonora
e allitterativa delle parole: eaters - beaters - cheaters, scrubbing - rubbing, makers - undertakers.
(6) Stesso discorso: tutti gli aggettivi si possono riferire ai documentaristi (valutando jokers in posizione appositiva)
oppure dividere in due.
(7) Da noi quasi sconosciuto, è uno dei giochi da tavola inglesi più noti e antichi (metà
del ‘600). I voluminosi quotidiani domenicali dedicano sempre spazio a questo gioco nelle rubriche (come per noi
la dama o il bridge).
(8) Compaiono anche gli altri musicisti, e Anderson si rende conto di non essere né meglio né peggio
del suo pubblico, che ascolta soddisfatto le sue storie senza capire di avere di fronte uno di loro, nulla di più.
I dubbi che Anderson nutriva all’epoca sul proprio ruolo appaiono qui in tutta la loro evidenza.
(9) rabbit-run, felicissima la traduzione nel volume della Giunti “formicaio umano” (lett. “l’affrettarsi dei conigli,
delle schiappe”).
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Cold Wind to Valhalla
(VENTO FREDDO PER IL VALHALLA)
E(1) cavalca con noi graziosa fanciulla(2) con gli angeli della notte.
Il vento come una frusta(3)
Le redini infuocate mordono
un gigantesco unicorno.
Malamente ferrato, s'alza a colpi d'ala
nel blu col vento freddo per il Valhalla.
E vieni con noi, ti prego - le grida di
vergini Valchirie(4) si alzano sul vento freddo per il Valhalla.
Fai colazione con gli dei. Gli angeli della notte servono,
maestosi e glaciali nervi scoperti di pesci
congelati e sfaldati - in una coppa di fuoco liquido d'argento.
Un raggio di luna si infrange
con coraggiosi zampilli sulla volta celeste,
scarta rapido e illumina il vecchio Valhalla.
E vieni con noi, ti prego - le grida di
vergini Valchirie si alzano sul vento freddo per il Valhalla.
Gli eroi confidano sui sospiri delle fedeli ancelle di Thor.
A mezzanotte risuonano solitari sussurri
"siamo un po' a corto di eroi, ultimamente".
Agghiaccianti colpi di spada,
pallidi addii nella desolazione del Valhalla.
E vieni con noi, ti prego - le vergini Valchirie
cavalcano a mani vuote
sul vento freddo per il Valhalla.
(1) Un breve e suggestivo excursus nella mitologia nordica
(tornerà negli anni successivi) su ritmi acustici tipici della tradizione scozzese. Il Valhalla è
il paradiso degli eroi.
(2) Interessante la congiunzione iniziale, come se l’autore-menestrello riprendesse una storia.
Termini scozzesi, bonnie e lass un tempo (XVI secolo) erano uniti (Bonnilasse).
(3) Buona la traduzione (che riprendo) suggerita nel volume Giunti per l’onomatopeica crack wind clatter, “il fragore
del vento che schiocca”. Anche in questa canzone Anderson mette in fila termini assonanti, intere sfilze di nomi
o verbi che diventano aggettivi: l’immagine prevale sulla narrativa. Esemplare, tra qualche verso, il denso moon
jet brave beam split ceiling swerve, praticamente intraducibile.
(4) In antico norvegese Valchiria significa “colei che sceglie di uccidere”; le Valchirie erano le divinità
della guerra anche nella mitologia germanica. Più avanti vengono descritte come le fedeli ancelli di Thor,
primogenito di Odino e dio dei lampi e dei tuoni.
(5) Ecco il caustico Anderson squarciare il quadro vagamente gotico con un’osservazione salace: gli eroi sembrano
finiti. Come Byron cercava disperatamente un eroe (I need an hero, an uncommon one) nel suo Childe Harold due secoli
fa, così Anderson non riesce a vedere eroi al giorno d’oggi. Forse li vedono i critici musicali…
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Black Satin Dancer (1)
(BALLERINA IN RASO NERO)
Dai, lasciami giocare con te, ballerina(2) in raso nero.
In ciò che dai c’è la risposta(3).
Facciamo a pezzi la vita (4), mi sembri più dolce del più luminoso fiore
nel mio giardino. Ti chiedo scusa - spandiamo le nostre lucide follie(5).
Oltre le sensazioni volano veloci le stagioni.
Il vento sottile sussurra in un mandolino rotto. Pieghiamo il tempo,
le ore tornano perennemente su quella vecchia, splendida storia di pietà.
Respiro disperato(6). La lingua che strazia i capezzoli. Il tuo fiume sgorga
veloce - il tuo fuoco del nord (7)è saziato. Vieni, ballerina in satin nero, vieni
dolcemente a letto.
(1) Insieme al brano seguente il testo forma quasi un unicum. E’ stato suggerito che Black
Satin Dancer dipinga l’ultimo amplesso di una coppia che si sta lasciando. La storia è arrivata al capolina,
ma in qualche modo si assapora ancora una volta il piacere dell’abbraccio, si mette da parte per un attimo la disperazione
e l’afflato sessuale fa sparire tutto per incanto. Dura un attimo, certo, e può anche fare male. Anderson
dipinge con grande sensibilità questo stato d’animo. Requiem sembra raccontare cosa accade la mattina successiva.
(2) Chi sia la ballerina (ma - ovviamente - potrebbe anche essere al femminile, e allora sarebbe un ballerino)
non è scontato come molti dicono. La prima moglie Jenny? Forse, o anche la ballerina di Passion Play che
all’epoca stava insieme a Ian.
(3) Cfr. in “Wond’ring Aloud”, and it’s only the giving… Il “dare” può sottintendere anche “sé stessa”,
ovvero il proprio corpo al piacere.
(4) Da qui inizia una lunga serie di gerundi che in italiano rendono poco e che ho stravolto. L’espressione to
tear life from limb sintetizza come l’aspetto carnale (limb) coinvolga la vita stessa (life) dei due amanti.
(5) Si chiedono se sia giusto proseguire (lett. Spargendo giusta irragionevolezza), ma il tempo passa (fleeting
seasons) e dal mandolino rotto (la storia finita) si può trarre solo un piacere passeggero (thin wind).
(6) Inizia la descrizione più carnale dell’accoppiamento, seguita ad arte dallo splendido e intenso assolo
di Martin che raggiunge il climax (in inglese “orgasmo”) della canzone.
(7) Credo che la metafora (river) celi un riferimento esplisitamente sessuale. Northern, del nord, indica la provenienza
di Anderson.
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Requiem
(REQUIEM)
Beh, oggi ho visto un uccellino(1)
volare da un cespuglio e il vento lo ha spazzato via.
E il sole(2) dagli occhi neri
ha bruciato la farfalla che giocava - striata di velluto.
L'ho vista spegnersi.
Con un gelido sospiro di tempesta,
soffiava proprio lì una nuvola d'argento.
E accogliendo il mattino ho cantato:
"O Requiem".
La mia signora(3) mi ha detto "Resta".
Mi sono girato e mi sono incamminato lungo lo Strand(4).
Ma non ho detto una parola,
mentre il pannello con gli orari dei treni
ronzava proprio dietro alla corsia per i taxi.
Ho visto il suo volto
nel finestrino del taxi nero pieno di gocce
mentre spariva nel traffico;
l'ho guardata andarsene.
E accogliendo il mattino,
mi sono ritrovato a cantare
"O Requiem".
Ecco che ricomincio(5).
E' sempre la solita storia.
Beh, ho visto un uccellino
oggi - mi sono voltato dall'altra parte
e mi sono incamminato per lo Strand.
(1) In inglese bird significa ragazza. Ed è proprio una ragazza la protagonista
di questo requiem. Requiem di un amore che potrebbe anche essere quello di Ian con la prima moglie Jenny da cui
si stava separando legalmente in quel periodo. L’autore ricorre a metafore dal mondo della natura per descrivere
come gli essere deboli e indifesi (l’uccellino, la farfalla) non sempre riescano a reggere la pressione della vita.
E’ una canzone intensa, tenera e amara al tempo stesso e - con ogni probabilità - tra le più autobiografiche
di Anderson. Ma in fondo conta molto poco: l’episodio ha valenza universale e funziona a prescindere da qualsiasi
riferimento personale.
(2) Letteralmente “madre sole” (mother son), l’autore veste la natura di panni umani. L’espressione nel suono è
quasi identica alla locuzione every mother’s son = tutti senza eccezione.
(3) E’ l’ultimo disperato tentativo di rimanere insieme, magari per l’ultima volta. In origine questa era l’ultima
strofa della canzone. Dal confronto con la prima stesura emerge una capacità straordinaria in Anderson di
limare il testo, togliendo espressioni per nulla brutte ma meno funzionali alla narrazione.
(4) Lo Strand è una delle vie più note di Londra (lo scenario dell’intero album, e del resto Anderson
ci viveva). Parte da Trafalgar Square e va verso St. Paul. La stazione dei treni di cui si parla è quella
di Charing Cross, proprio all’inizio della strada.
(5) La vita va avanti: non si è ancora consumato l’addio che il destino presenta un’altra occasione, ma
questa volta l’esperienza vince e Ian si gira dall’altra parte. Nel testo originale di diceva that old gold story,
espressione poi rimasta in Black Satin Dancer.
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One White Duck(1) / 010 = Nothing at All
(UN’ANATRA BIANCA / 010 = ASSOLUTAMENTE NULLA)
C’è foschia all’orizzonte, ad indicarmi(2) il cammino
E un appunto(3) sul telefono
Delle rose su un vassoio
E l’autostrada ci(4) si apre innanzi
Mentre mi infilo le mie vecchie ali
Un’anatra bianca(5) sulla tua parete
Non è tutto troppo maledettamente vero(6)?Farò un giro sul tuo violino
incordato sul tuo archetto
E galleggerò sulla tua melodia
cantando i tuoi cori dolcemente e piano
C’è una cartolina con un paesaggio(7)
a riprova che ho chiamato
Puoi vedere dal camino
un’anatra bianca sulla tua parete
Non è tutto troppo maledettamente vero?
Volatevene via, Pietro e Paolo(8)
Dalla gioia a portata di mano(9)
Il lungo, inquieto frusciare(10)
dei tacchi degli stivali chiama
E probabilmente mi toccherà
anche deluderti, dopo tutto
ci dev’essere qualcosa che non va
in me e nel mio cervello
se sono così palesemente ingrato(11)
Ma i miei sogni sono fatti per essere
sognati ed è meglio lasciarli così
E il mio zero paragonato alla tua
decima potenza
è uguale al nulla assoluto
Non ho difese a doppia mandata
Non ci sono catene al mio uscio
Sono disponibile per consultazioni
Ma ricordati che la tua entrata(12)
è anche la mia uscita
E quella parolaccia(13) che si chiama amore
Non è una compensazione
Sono l’Asso Nero(14) degli accalappiacani
Sono un cameriere coi pattini, quindi
non arrivare a conclusioni affrettate(15)
perché ne ho fin sopra le mie orecchie
sorde di vassoi di colazioni fredde
Da portar via prima di potermi dedicare
alla tua dolce confusione
da pranzo della domenica(16)
(1) Si tratta di due canzoni distinte, poi unite da Anderson perché, paradossalmente,
sono antitetiche: la prima parla di separazione, la seconda di un maldestro tentativo di riappacificazione. La
lunghezza d’onda, ricorderete, è la stessa di Requiem.
(2) Wish indica in realtà un augurio, un invito alla partenza.
(3) Ian scrisse buona parte dell’album in una casa di Los Angeles che aveva affittato a cavallo del Natale 1974
insieme a David Palmer. David ricorda l’appunto sul telefono, scritto da lui stesso; Ian ricicla immagini della
vita reale per dipingere questo quadro di abbandono che offre due letture: A) il protagonista parte lasciando la
sua metà ma continuando a pensare l’amore e la dolcezza del rapporto ormai finito (v. versi successivi);
B) [la preferisco] il protagonista parte perché non riesce a fermarsi, come l’ebreo errante; insegue i suoi
sogni (di gloria, musicali?) tanto da far pensare che nella strofa successiva si rivolga alla sua musa ispiratrice;
nel frattempo continua a inviare cartoline a casa per dimostrare che ancora pensa ai suoi affetti familiari.
(4) L’uso del “noi” indica che l’autostrada, la via verso una nuova esperienza lasciandosi il passato alle spalle,
prima o poi riguarda tutti.
(5) Altro particolare catturato effettivamente dalla parete della casa californiana (tra l’altro abitata poco prima
dall’attore Marty Feldman). Anderson è bravissimo a creare un’atmosfera semplicemente citando un oggetto,
che rimanda a mille altre cose (come il “camino” dei versi successivi): chissà quando la coppia in questione
comprò l’anatra, chissà quante volte l’hanno vista insieme, ecc. Nelle case inglesi è comunque
tipico vedere appese alla parete alcune anatre, di solito tre, ognuna più piccola della precedente, dimostrano
una casa ben tenuta e amata; il fatto che ne sia rimasta una sola può essere può indicare la fine
dell’unità familiare. [Sì, ammetto: sono stato aiutato da Palmer...].
(6) Si può applicare a varie cose: all’anatra dipinta, ai ricordi dell’amore finito, alla vita stessa.
(7) Tenera nota: una cartolina inviata per far vedere che ancora si interessa di lei: è ormai troppo tardi
o è l’ancora che tiene vivo il rapporto?.
(8) Inizia la seconda canzone, che parla di un ritorno dopo una separazione. E’ incredibile la serie di implicazioni
che ha questo verso all’apparenza semplicissimo: intanto è la citazione di una filastrocca inglese (Two
little dickie-birds sitting on a wall, one named Peter, one named Paul), poi ricorda (come fa notare Jan Voorbij)
un brano di Peter Paul & Mary con un’atmosfera simile (I’m leaving on a jet plane, don’t know when I’ll be
back again) e infine segna un rifiuto dei valori consolatori della religione: Pietro e Paolo vengono rifiutati.
(9) Ian usa le parole da raffinato demiurgo. Letteralmente: “dal bordo della gioia sulla punta delle dita”.
(10) Sapiente uso dell’allitterazione, restless rustle (le “t” non si leggono).
(11) Amara autocritica al momento del riavvicinamento, che pare promettere poco di buono: il protagonista riconosce
tutti i propri limiti, anche se fa notare di avere alcune doti (“i miei sogni sono fatti per essere sognati”);
ma di fronte alla grandezza di lei (elevata addirittura alla decima!) lui scompare .
(12) Continua a giocare con le parole Anderson per dare l’idea dell’incomunicabilità: lei può provare
a parlargli, ma l’equilibrio è fragile e dove lei “entra” lui può “uscire”, sia fisicamente che metaforicamente;
c’è da ricordare anche che way in significa anche “intralciare” e way out “essere fuori strada”.
(13) La traduzione della Giunti mi piace, in questo passaggio, e la sposo. Ma c’è di più: in inglese
le four letter words (“parole di quattro lettere”) sono le parolacce che indicano gli organi sessuali (cock, cunt,
fuck ecc.): Anderson distrugge l’amore riducendolo a una four letter word, ma dice anche che nemmeno il sesso basta
a compensare una storia esaurita”.
(14) Mi arrendo: non so esattamente chi diavolo sia l’Asso Nero: qualcuno mi può aiutare?.
(15) Greve gioco di parole (era tipico dell’Anderson di allora): foreskin conclusions sono le decisioni affrettate,
ma foreskin è il prepuzio, e quindi suona come una pittoresca “eiaculazione precoce”, magari con il cameriere
sui pattini!
(16) Non ne può più di mangiare pessimi vassoi da albergo o da aereo: al protagonista manca il pranzo
domenicale (tradizione in Inghilterra) preparato da lei, pur nella più completa confusione (l’immagine ricorda
quella delle briciole sparse sul letto da lei in Wond’ring Aloud).
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Baker Street Muse(1)
(LA MUSA DI BAKER STREET)
Una fermata d'autobus ventosa. Click. La vetrina di un negozio. Tacchi.(2)
Ombrosi gentiluomini. Cerniere lampo. Sentimenti.
Nel sottopassaggio c'è un cieco in piedi
Con le mani fredde come un flauto
Sinfonia(3) di un venditore di
fiammiferi, col fiato fuori tempo
Potete chiamarmi(4) su un'altra linea.
Ristoranti indiani mi cucinano
il cervello
Guerrieri da prima pagina cambiano
i nomi che pubblicizzano
Dai chioschi della stazione
Con mani fredde di stampa
Sinfonia di un paroliere(5),
Sarò il vostro titolone
Se mi beccate un'altra volta
Non l’ho(5) conquistata -
coi miei trucchi da Baker Street
Non sono riuscito a scuoterla -
con la mia ferita da Baker Street
Mi piacerebbe prenderla - ma non
sono altro che una musa di Baker Street
Birra rigurgitata, pozzanghera fangosa - ragazzi(6), pulite tutto
E’ verdastra, colpa della Coca Cola
e del Bacardi
Dall'ufficio di segreteria se ne esce(7)
la principessa in minigonna
con gran classe
Fertile madre terra(8), il tuo tumulo
tombale è cinquanta piedi
sotto terra, nella Metropolitana
di Baker Street (E che diamine!)
Non l’ho conquistata -
coi miei trucchi da Baker Street
Non sono riuscito a scuoterla -
con la mia ferita da Baker Street
Mi piacerebbe prenderla - ma non
sono altro che una musa di Baker Street
Cammino lungo il marciapiede(9)
e mi chiedo: "Come diavolo sto oggi?"
Beh, non ve lo ho chiesto per davvero, comunque grazie lo stesso
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Pig-Me and the Whore(10)
(IL PIGMEO E LA PUTTANA)
"Fraulein fatta a damigiana(11), buttati
su di me", disse il pigmeo alla puttana
ansioso di averne ancora,
nel suo assalto alla montagna
Piccolo ometto, la sua gioventù sprizza
E’ scoperto in banca(12), eppure è ancora
lì a fare conti
Vernacolare, verboso(13); un tentativo
di ritornare da dove è venuto
All'ingresso delle stelle,
tra Blandford Street(14) e Marte
Proposito, fatto. La cerniera a lampo(15) che si muove. Un test ai testicoli.
Il portafoglio(16) sempre rigonfio.
Vestito con i bottoni a sinistra,
srotola le pieghe degli anni
Impaurito dalle pasticche(17)
sparge le gocce dalla campana(18)
nella tasca della sua resistenza
L'assistenza internazionale(19)
sgorga generosa e piena
al suo arnese che non è mai pronto
Si stropiccia gli occhi sulla lana(20)
E rabbrividisce mentre viene
E il mio timone lentamente mi conduce in Marylebone Road(21)
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Crash-Barrier(22) Waltzer
(BALLERINA DEL GUARD-RAIL)
E scivolo giù di qua(23) - trascinando
un piede nel canaletto di scolo -
nell'eco di mezzanotte del negozio
che vende radioline.
E lei siede là - niente letto, niente pane, niente burro(24) -
su una doppia linea gialla -
dove parcheggia quando vuole(25)
Vecchia Signora in grigio;
ballerina da guard-rail -
madre di un qualche figlio unico(26).
Un’altra vittima di Baker Street
Oh, signor poliziotto -
maestro di ballo in camicia blu
E coi cerotti ai piedi(27) -
fai circolare la vecchia signora
Strano pas-de-deux(28), Romeo e la sua Giulietta. Lei ha il sonno pesante,
lui velenosi rimorsi(29)
A nessun ubriacone è permesso
di dormire qui nel vuoto affollato(30)
Oh agente, lasciate che la mandi
in una pensioncina - pagherò
il conto e la farò star bene(31) -
Non farai un accidente! Far del bene non uccide nessuno. Dobbiamo
Insegnar loro ad essere più indipendenti
...................................
Mother England Reverie(32)
(SOGNO DI MADRE PATRIA)
Non ho tempo per la rivista Time
né per Rolling Stone(33)
Non sono in vena di sogni
e non credo alla sorte(34)
Non ho una casa in campagna
e non ho la macchina(35)
e se credete che scherzi,
allora sono solo un cretino da bar(36)
E sembra che non sia rimasto nessuno per giocare a tennis: e suono
in un gruppo solo(37)
E non voglio un funerale da star
o centomila sterline
C'era un ragazzino su un ceppo ardente
che si fregava le mani dalla gioia(38).
Diceva: “Oh Madre Inghilterra,
hai illuminato il mio sorriso: o hai
acceso questo fuoco sotto di me?
Un giorno sarò un menestrello
nella galleria e vi dipingerò
un ritratto della Regina
E se a volte canto con un certo
grado di cinismo non è niente di più
del nonsense che appare”
Allora torno a vagabondare
nella vallata di Baker Street
nella mia irrealtà dai contorni assurdi
E quando tutto sarà detto e fatto -
non potrei desiderarne una migliore
E' una certezza maledettamente vera(39) -
che sono solo una musa di Baker Street.
Parlo allo scolo puzzolente,
ammicco sempre allo stesso modo
Cerco di attirare la mia attenzione(40)
ma ho guardato dall'altra parte
[…](41)
Circoncisi(42) con mani fredde di stampa
[…]
(Non riesco ad uscire!)(43)
(1) Baker Street Muse è, a mio parere, il miglior
brano mai scritto da Ian Anderson. E’ una suite, ma la lunghezza (16 minuti) è da preferire alle maratone
di Thick as a Brick o Passion Play. Anderson non è al top solo musicalmente: anche le sue liriche sono perfette,
equilibrate, melodiose, ricche di significati e - tanto per cambiare - terribilmente complicate. I giochi di parole,
i modi di dire, lo slang, i doppi sensi si susseguono senza sosta . Fin dal titolo troviamo un tranello: in inglese
le parole muse (musa) e mews (scuderia) si pronunciano allo stesso modo. Proprio per la presenza di scuderie e
stalle, alcune viuzze - solitamente dietro alle strade principali - hanno tuttora il nome mews preceduto da quello
della via principale. Quindi è assolutamente plausibile (anche se a Londra non esiste) parlare di Baker
Street Mews. Tra l’altro Palmer all’inizio era convinto che questo fosse il vero titolo! Volendo, mews (stessa
pronuncia) significa anche “miagolii”! Anderson, dunque, veste i panni della musa moderna e diventa cantore del
suo universo, ovvero Baker Street (dove visse per qualche tempo in quegli anni), che diventa la metafora per il
mondo intero. Se Omero e Virgilio cantavano grandi epopee e magnifici eroi, nel ventesimo secolo basta un microcosmo
- di preferenza cittadino - per raccontare il mondo, spesso fatto di perdenti. La Londra di Anderson assume contorni
molto simili a quella di T.S. Eliot (v. The Waste Land e Poems 1920), ma Ian sostiene di non aver mai letto nulla
del premio Nobel per la letteratura. Baker Street è una delle arterie più note nel pieno centro di
Londra; Arthur Conan Doyle decise di farvi vivere il mitico Sherlock Holmes, al numero 221B.
(2) Le prime immagini di Baker Street sono
delle brevi istantanee raccolte con l’occhio del fotografo. Non ci sono verbi, solo immagini una in fila all’altra.
Anche quel click onomatopeico contribuisce a suggerire l’idea di un portfolio fotografico, una tecnica sicuramente
più visiva che narrativa. Interessante l’uso della sineddoche (la parte per il tutto) che amplia la visuale:
ad esempio heel (tacco) sta ad indicare i passi della gente.
(3) Compare quasi subito la metropolitana
(sottopasso), uno dei luoghi chiave nell’iconografia della città moderna (anche in Eliot): indica un mondo
sotterraneo, oscuro. E infatti immediatamente appare uno dei tanti reietti che incontreremo: è un venditore
di fiammiferi, cieco. Molti veterani della Prima guerra mondiale, spesso ciechi, finivano per vendere scatole di
fiammiferi: si tratta quindi di una figura tipica nella società inglese del Novecento (la pratica era nata
in epoca Vittoriana quando erano le ragazze a vendere fiammiferi). Abbastanza singolare l’uso della parola sinfonia:
le grida del venditore di fiammiferi sono, per Ian, in qualche modo musicali.
(4) Primo riferimento al soggetto, alla
musa (già “anticipata” dal richiamo al flauto un paio di versi prima). La musa appare subito in posizione
scomoda: la gente cerca Ian su più linee (line anche della mtropolitana, perché no?). Subito dopo
i luoghi fotografati influenzano negativamente l’autore, con i ristoranti indiani (grande passione di Ian) che
gli cucinano il cervello a colpi di curry.
(5) Stessa struttura e, in alcuni casi,
stessi termini della strofa precedente. Il paroliere (lo stesso Anderson) diventa spesso un titolo da prima pagina
(headline) e sfida i giornalisti e beccarlo di nuovo. La polemica con i media, già registrata in altre occasioni,
qui è particolarmente aspra come vedremo più avanti in Mother England Reverie.
(5) To make her non significa, come in
italiano, “farsela”, ma ci va molto vicino. Questi versi sono, nel disco, in corsivo. E’ il ritornello che unisce
l’intera suite e si separa dal contesto che il narratore srotola man mano che nota il susseguirsi delle scene.
E’ quello che il narratore (=Ian) ha dentro di sé mentre nota il mondo fuori da sé, il pensiero contrapposto
alle parole; può essere - come suggerisce lo stesso David Rees - che Anderson parli di Shona Learoyd, la
sua futura moglie che stava iniziando a frequentare in quel periodo. Non servono stratagemmi (ruse) per conquistarla,
né vale muoverla a compassione (bruise), quindi il narratore si offre cosi com’è, un cantore della
realtà quotidiana (Baker Street muse).
(6) Torna un’altra scena di squallore:
vomito per la strada dopo una gran bevuta (birra, Coca, Bacardi), qualcuno che dà l’ordine di pulire (un
negoziante, un passante, uno spazzino?).
(7) Ancora personaggi la cui condizione
non è ottimale: in una strada sporca passa un gruppo di segretarie (typing pool, un gruppo di dattilografe;
notare che pool e puddle, qui usati con dignificati diversi, possono essere sinonimi). Quella con la minigonna
si merita addirittura l’appellativo di principessa, come sancisce con sarcasmo Anderson.
(8) Gea, la Madre terra della cosmogonia
greca, è oggi nelle viscere di Londra e la sua fertilità è negata dalla tomba che la sovrasta
(=la città, la società). La metropolitana, con il suo carico immenso di vite spente, è l’epitaffio
della vita. Burial mound è il monticello di terra sopra la bara. Per chi vuole approfondire le similitudini,
consiglio la lettura del primo capitolo della Waste Land di T.S. Eliot; si intitola The Burial of the Dead, ambientata
a Londra (a crowd flowed over London Bridge, so many, / I had not thought death had undone so many).
(9) Gutter non è esattamente il
marciapiede, ma la grondaia, il canale di scolo; indica, in realtà i marciapiedi dei bassifondi.
(10) Con “Il pigmeo e la puttana” siamo
all’apoteosi dei doppi sensi e delle volgarità; il brano in Spagna - dove la censura era molto vigile -
fu mutilato delle parole testicle e whore (puttana). Il neologismo pig-me suona come “pigmeo” (che si scrive però
pygmy), e sottolinea la radice pig (maiale) e me (io); forse volendo indicare una presunta parte “sporca” e deteriore
di sé, magari contrapposto alla donna corteggiata nella realtà e fatta oggetto del ritornello in
corsivo, l’autore racconta l’approccio drammatico e grottesco di un nanerottolo con una prostituta tedesca.
(11) La prostituta è di stazza robusta,
ormai sfatta (il corpo è a forma di damigiana!), sembra addirittura una “montagna paragonata al pigmeo la
cui esuberanza (fountain) è pronta a esplodere.
(12) Overdrafted significa “in rosso” nel
conto in banca, ma il pigmeo sembra non accorgersene.
(13) Le due parole che iniziano con la
“v” (non sono moltissime in inglese) ne implicano una terza, vagina, che viene in effetti descritta come il luogo
da cui proviene (come del resto tutti…) il pigmeo.
(14) Il posto preciso non conta: tra Marte
e Blandford Street (strada nel quartiere di Soho, a Londra, regno dei sexy shop e dei locali di strip-tease).
(15) Ricompare la descrizione a scatti
fotografici che apriva il brano. La prostituta passa all’azione.
(16) Di nuovo una descrizione del pigmeo:
dressed t o the left indicava il modo in cui si voleva che il sarto tagliasse il vestito, ovvero lasciando le parti
intime a destra o a sinistra dell’apertura.
(17) Wedding-bells in slang è l’LSD
ma potrebbe anche indicare i genitali.
(18) Letteralmente: “versando lacrime dall’oggetto
a forma di campana”; bell-end in un inglese da scaricatore di porto è infatti il glande, quindi significa:
“spargendo le lacrime del glande”, dunque eiaculare nella pocket of her resistance, la “tasca della resistenza”,
ovvero la vagina.
(19) La prostituta tedesca offre un aiuto
“internazionale” all’arnese (tool è tipico per indicare lo “strumento”).
(20) La “lana” si può intuire facilmente
cosa rappresenta, ma la frase è una storpiatura di un modo di dire: pool the wool over the eyes: ingannare.
(21) Alla fine di Baker Street (verso nord)
si arriva in Marylebone Road, grande arteria stradale londinese. Anderson è pronto per un altro quadro.
Questa volta siamo in strada. Di notte.
(22) E’ uno dei punti più delicati
della suite: un poliziotto incontra un Aqualung al femminile, un’altra delle figure derelitte che popolano il mondo
di Baker Street, una “ballerina” da marciapiede .
(23) Probabilmente Anderson gira (anzi
slips, scivola) in una stradina secondaria,.
(24) Uso allitterativo della “b”: iniziano
per “b” tutti i piaceri negati: bed, bread, butter.
(25) Sulla doppia striscia gialla è
proibito sostare (Anderson capovolge il classico no parking anytime).
(26) Un altro gioco di parole. Solitamente
si dice mother’s son, non il contrario .
(27) Una nota anche per il poliziotto,
che Anderson immagina come un maestro di ballo nella sua divisa blu: ha i cerotti ai piedi perché cammina
tutto il giorno con quei terribili scarponi che hanno i bobbies!
(28) Quando il poliziotto tira su la barbona
per farla sloggiare, Anderson interpreta la scena come un balletto, un “passo doppio” tra un Romeo e una Giulietta
molto improbabili.
(29) Si potrebbe leggere anche poise and
regret: compostezza e rimorso.
(30) Nota sarcastica: il poliziotto fa
alzare la disgraziata perché lì non si può stare, ma a notte fonda non c’è nessuno
e Ian apostrofa il vuoto come “affollato”, una risposta indiretta al poliziotto.
(31) E qui arriva la risposta vera: il
narratore entra nella discussione, prova a intercedere per la poveretta, ma viene respinto. L’agente incarna la
rigida posizione istituzionale nei confronti dei “diversi”.
(32) Questa “fantasticheria” sulla madre
patria è in parte un attacco ai media, in parte una confessione personale, in parte un’accusa al prelievo
fiscale troppo elevato in Gran Bretagna.
(33) Sia le riviste musicali (Rolling Stone)
che i magazine più generalisti sono sotto accusa. Anderson gioca con la parola time, che è anche
il nome di una nota testata.
(34) il wishbone è l’ossetto di
pollo, ma in inglese colloquiale indica anche i dadi, o comunque strumenti legati alla sorte (gli ossetti erano
adoperati dagli aruspici); il wishing well è il pozzo dei desideri.
(35) Tutto vero: Anderson non ha l’auto
neanche oggi; la casa in campagna, però, la comprò l’anno dopo.
(36) Espressione colloquiale che indica
(e disprezza) chi non va oltre una battuta di poche parole.
(37) Il tono è triste e nemmeno
troppo vagamente autobiografico; altro divertissement di Anderson: il one-man-band (chi suona da solo facendo tutto)
diventa one-band-man, ovvero il musicista che suona solo per un gruppo: forse un rimorso di coscienza per un disco
quasi solista, o la risposta ai critici che consideravano i Jethro il gruppo di Anderson in cui gli altri avevano
poco o nulla da dire.
(38) Curioso: è l’immagine della
copertina di Songs from the Wood. In molti hanno voluto vedere nei versi seguenti un riferimento alle tasse molto
elevate in Gran Bretagna, alle quali il musicista (torna il menestrello di corte) è totalmente asservito
e metaforicamente dipinge un ritratto della Regina.
(39) Lungo giro di parole (probabilmente
per esigenze metriche) per dire semplicemente “è così”!
(40) Soliti giochi di parole: to catch
someone’s eye significa attirare l’attenzione di qualcuno; piuttosto difficile, però, farlo con se stessi!
(41) Sia qui che più avanti la canzone
ripete strofe già incontrate. Per motivi di spazio non le ripeto.
(42) Cambia solo questa parola rispetto
alla stessa strofa iniziale: avrete capito che i riferimenti all’organo genitale maschile all’epoca abbondavano,
e la critica inglese non mancò di sottolinearlo.
(43) Il narratore, dopo aver osservato
il mondo di Baker Street si accorge di essere imprigionato anche lui nella stessa realtà, dalla quale fatica
a liberarsi.
...................................
Grace(a)
(GRAZIA)
Buongiorno sole
Buongiorno uccellino
Buongiorno, mia signora
Buongiorno colazione
Posso comprarvi(b) ancora domani?
(a) Con Anderson non bisogna mai dare nulla per scontato. Anche un brano di 40” apparentemente
innocuo contiene spunti di riflessione, tutti riservati all’ultimo verso che sconvolge il risveglio suggerendo
la possibilità di poter acquistare tutto, non solo la colazione, ma anche la donna, gli uccellini, persino
il sole. Dirà Anderson: “Un mattino mi sono effettivamente svegliato e ho provato quelle sensazioni, che
molti condividono sicuramente con me… Ma l’ultimo verso è ambiguo, volutamente. Non tutti ci daranno peso,
ma qualcuno lo farà. Per i più quell’ultimo verso non ci dovrebbe proprio essere. E’ un extra, un
divertimento. C’è solo se vuoi leggere, come faccio io, con cinismo i piaceri della vita”.
(b) In inglese l’ambiguità è resa da you, “tu” o “voi”, seconda persona sia singolare che plurale.
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