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Past Fangala

Un assaggio di Fangala precedenti curati sempre da "The Professor" tratti dall'archivio della rivista.

FANGALA - Ottobre 2004
Il tenente Colombo

Ebbene, sì. Lo devo confessare. Ho una doppia vita, musicale, si intende: pubblicamente, sono un fan dei Jethro Tull. Ma privatamente, nella segretezza dei mio intuito, sono uno sfegatato aficionado di Orietta Berti.
Anzi, dentro di me, sono molto più fan di Orietta che di Anderson.
Orietta, innanzitutto, è il mio tipo. Alta, bionda, occhi azzurri, fisico longilineo: proprio la donna che mi fa impazzire. Ancora, è di Cavriago, e io sono un grande appassionato di Cavriago, paese in cui i Cadoppi, i miei antenati, risiedevano sin dal Quattrocento, e da cui emigrarono verso Reggio solo nell'Ottocento. La musica della Berti mi ha sempre entusiasmato, ma in particolare sono sempre letteralmente affascinato, per non dire suggestionato, dalle parole delle canzoni che l'hanno resa celebre. Fin che la barca va, ad esempio, al di là dell'apparente banalità. è un vero e proprio trattato di filosofia morale. Se la protagonista dell'ultimo romanzo di Alexander McCall Smith - Isabel Dalhousie - l'avesse conosciuta, avrebbe certamente invitato la Berti a tenere una conferenza al suo Sunday Philosophy Club di Edimburgo. Stranamente, mi risulta che finora nessuna Università del mondo abbia conferito alla mia Orietta una laurea honoris causa in filosofia: una vera vergogna! La voce, poi, della Berti, mi ha sempre intrigato: forse un tantino troppo sexy, magari eccessivamente studiata e misteriosa, ma davvero sublime!
Ho naturalmente tutti i dischi di Orietta, anche tutti i bootleg. Recentemente, sono riuscito a trovare il pezzo più raro: il "pirata" del 1976 As long as the Boat Goes , live al Los Angeles Forum, per la cifra leggendaria di 1000 euro. Neppure Aeroplane vale così tanto! Ancora, sono un grande collezionista di memorabolia di Orietta, persino quelli più scabrosi: ma su ciò non indulgerò, per rispetto della mia beniamina. Naturalmente, mi vergogno un po' di questa mia passione, perché so che, immeritatamente, la Berti non gode dei favori dei pubblico oggi, specie degli appassionati di progressive o della musica cosiddetta "colta". Per questo motivo mi paleso come fan dei Jethro, che fa certamente più "intellettuale" (anche se magari, per qualche insondabile motivo, non di sinistra).
Ma quando vado in vacanza mi sfogo. Lì, specie se mi trovo all'estero, in luoghi remoti, mi lascio andare e mi comporto da fan "totale" di Orietta Berti. Mi vesto con abbigliamento da tifoso di Orietta Berti, mi ascolto col walkman le sue canzoni, e cerco collectables della mia cantante preferita.
Così ho fatto anche nella vacanza a Formentera lo scorso luglio, quando, abiurando i Jethro, indossavo quotidianamente magliette pro-Orietta.
Non avevo fatto i conti col nostro Presidente, il quale evidentemente aveva fiutato qualcosa, e da tempo dubitava della mia fedeltà assoluta ai Tull e ad Itullians. Come saprete, Aldo è tremendo con i finti fans dei Jethro. Se li trova, o se anche solo trova un vero fan dei Jethro che però tifa anche per qualche altro gruppo, gli può persino tagliare la testa, o come minimo lo mette alla gogna nella pubblica piazza! Ha addirittura fatto approvare da un ristrettissimo consiglio di probiviri - di cui ahimé faccio parte anch'io - un "Codice Penale Tulliano", che appunto prevede pene severissime in caso di alto tradimento della fede nei Jethro (il nome tecnico del crimine è "lesa maestà tulliana"). Torneremo su questo codice penale tulliano. Ma restiamo alle mie vacanze.
Cosa ha fatto Aldo'? Ha sguinzagliato uno degli agenti più temibili dei servizi segreti tulliani - Angelo Colombo - a pedinarmi a Formentera, per cogliermi sul fatto, in flagranza di reato, nel "tradimento" dei Jethro. In effetti, io me ne stavo a passeggiare tranquillamente in un mercatino hippy di quella splendida isola. Indossavo ovviamente una maglietta raffigurante Orietta Berti in barca con i remi in barca mentre "lascia andare la barca", e cercavo nel mercatino dei memorabilia di Orietta (che come noto abbondano in quelle bancarelle!).
D'improvviso, mi trovo davanti, con sguardo spietato alla Clint Eastwood, Angelo Colombo, naturalmente in uniforme, con maglietta di ltullians. Cerco di coprire la maglietta, ma è troppo tardi. "Che fai con questa maglietta'? Allora aveva ragione Aldo! Tu non sei un fan dei Jethro! Sei un fan di Orietta Berti!". Mi aveva smascherato. Ho cercato di inventarmi lì per lì una scusa, dicendo che a Formentera l'Orietta era così famosa che ti regalavano le sue magliette, ma non c'è stato niente da fare. Colombo, perentoriamente, mi mette le manette, e mi dice: "Sarai processato sommariarnente dal Presidente Gran Giudice Mannaro Tulliano al tuo ritorno. Adesso ti arresto, e resterai presso la mia stanza di albergo fino al rientro". A quel punto, ho cercato di placare l'imbelvito agente, promettendogli che avrei indossato una maglietta tulliana non appena avessi raggiunto il mio hotel. Sono riuscito ad intenerirlo, e mi ha lasciato libero. Ma il giorno dopo avrei dovuto recarmi al "controllo di polizia" a Las Illetas, la spiaggia più bella di Formentera, dove Angelo avrebbe verificato che indossavo la maglietta tulliana. Così è stato, e lo dimostra la foto che qui pubblichiamo. Al rientro, ho dovuto fare atto di sottomissione con il Presidente-Gran Giudice Mannaro Tulliano, che - riconoscendo comunque i miei meriti di indeFESSO tulliano da decenni - mi ha fatto recitare per penitenza 44 Thick as a Brick in versione integrale, è mi ha concesso la grazia dall'infamante accusa di lesa maestà tulliana (per incidens: non è uno scherzo; in questo momento, trasportando il computer portatile su cui sto scrivendo questo Fangala dal giardino a dentro casa, è partito da solo Thick as a Brick versione Anderson-Griminelli! Sarà un miracolo? Vogliamo proporre a Papa Wojtyla di fare santo anche lan?).
Insomma, questo è quanto. Ma se vedete per caso in giro, specie in vacanza, Colombo, cari amici tulliani, diffidate! Non è un caso, una simpatica coincidenza! E' che Colombo è l'agente segreto più micidiale al soldo del terribile Presidente Tagliaferro, detto anche Tagliatesta! Anzi, d'ora in poi Colombo avrà i il soprannome tulliano di "Tenente Colombo"! E credo che a questa seguiranno altre "avventure del Tenente Colombo", qui su Fangala!
A proposito: Fangala, Tenente Colombo! Lasciatemi in pace, quando sono in vacanza a fare il fan di Orietta Berti!

The Professor


FANGALA - Gennaio 2003
Ian, l'erbazzone e... l'habanero
Parma, settembre 2002

La mia agenda tascabile era stata da tempo debitamente barrata per circa cinque giorni. Ogni impegno era stato rimandato. Convegni rinunciati; esami spostati ex officio. Insomma: dal 25 al 30 settembre avevo previsto di dedicarmi in toto ad un compito: quello di ricevere Ian Anderson ed il suo seguito in vista dei due concerti di Parma e di Cesena.
Del resto - devo essere sincero - per tutta la vita avevo desiderato un'occasione simile. Non riepilogherò in proposito, qui, i miei fantozziani ed inani tentativi di incontrare Ian Anderson nei luoghi e nei modi più disparati. Rinvio per tutto questo a Fangala Presidente! In realtà, il Presidente, offrendomi questa opportunità, cercava di rimediare al nefando misfatto commesso pochi mesi fa, quando fu addirittura ospitato (e senza di me!) a casa del Nostro, in Inghilterra!
E così, con una Kia Carnival, e due Volvo Offroad offerte (purtroppo solo prestate!) per l'occasione dagli sponsor, Aldo, suo fratello Giorgio ed io ci siamo recati a Verona a prendere all'aeroporto Ian, la moglie Shona, il figlio James (in arte James Duncan), e gli altri musicisti in arrivo da Londra. Io, abitualmente piuttosto ritardatario, ero giunto all'aeroporto circa un'ora prima dell'arrivo previsto dell'aereo. Ciò nonostante, avevamo corso il rischio di arrivare dopo di loro, visto che l'aereo era atterrato con mezz'ora circa di anticipo! Miracolo dei Jethro, o della British Airways?
Non sto a descrivere i giorni seguenti nei dettagli. Vi dirò solo che io avevo il compito (invidiabile ma quantomai arduo!) di scarrozzare Ian, Shona e James: insomma, la famiglia Anderson quasi al completo. Inutile dire che ricadeva su di me una responsabilità enorme. Pensate: al minimo, piccolo incidente avrei potuto avere sulla coscienza l'incolumità della famiglia Anderson! E se avessi schiacciato un dito di Ian nel richiudere la portiera? E se un'aria condizionata troppo spinta avesse fatto prendere a Ian un abbassamento di voce? E se un banale tamponamento avesse mandato in frantumi il leggendario flauto di Anderson, o la sua ormai proverbiale "chitarrina", entrambi collocati con cura "chirurgica" dal Nostro nel baule della Volvo?
Per limitare i pericoli, avrei potuto procedere alla stessa andatura di Semeraro alla guida della sua Seat Marbella al ritorno dalla Germania (v. il Fangala dei n. 6). Ma così, il rischio di subire un tamponamento, pur restando nella corsia di destra, sarebbe stato elevatissimo! Dunque, dovevo barcamenarmi tra il traffico non proprio anglosassone dell'autostrada del Brennero (e di altre autostrade nei giorni seguenti), cercando, tra un camion e l'altro, tra una coda e l'altra, di evitare qualsiasi pur remota possibilità di incidente o anche di altro inconveniente.
Quanto al dialogo con gli Anderson, anche qui era difficile trovare una giusta linea di compromesso: da un lato, se avessi dato retta al mio istinto "tulliano", avrei rivolto almeno duemila domande a Ian: partendo dalla sua nascita a Dunfermline, per passare alle scuole elementari di Edimburgo, sino ai primi anni adolescenziali a Blackpool; avrei poi sottoposto Ian ad una vera e propria cross examination sulla sua famiglia, sui suoi avi, sui suoi genitori, sul fratello, sulla mitica zia, ecc. Avendo poi James di fianco, lo avrei torturato con domande serrate e circostanziate sui suoi rapporti col padre, ecc. E che dire degli anni dei Jethro, e della loro musica? Avrei voluto sentir parlare Ian, per ore consecutivamente, di come e perché compose Thick as a Brick o Minstrel in the Gallery; e chi più ne ha più ne metta! Ma tutto ciò era impossibile; o, quantomeno, era certamente sconveniente. Dovevo, da un lato, rispettare la privacy degli Anderson; e, dall'altro, dovevo lasciarli tranquilli, a concentrarsi in vista dei concerti. Così, per lo più tacevo, e mi limitavo a rispondere alle loro saltuarie domande, magari sulle coltivazioni più tipiche della Padania, o sui tipi di vacche con cui si fa il parmigiano-reggiano. Facendo violenza ai miei istinti, tutt'al più, mi limitavo a descrivere sommariamente il paesaggio, laddove esso presentava qualche peculiarità degna di nota.
Il bilancio, alla fine, avrebbe potuto essere fallimentare: quattro giorni interi sempre al fianco dell'intera famiglia Anderson, senza poter dire loro o sentire da loro nessuna di quelle cose che per decenni avevo desiderato dire o sentire! E per parlare solo di parmigiano-reggiano o dell'inflazione provocata dall'euro!
In realtà, le cose, alla fine, sono andate ben diversamente. Terminati i concerti (nei giorni dei concerti, Ian è concentrato come un computer, e viene spontaneo non disturbarlo troppo ...), abbiamo avuto il sabato a disposizione, e lo abbiamo trascorso insieme: Ian, Shona, Aldo, la sua morosa, io e mia moglie. Addirittura, li abbiamo avuti ospiti a casa nostra per pranzo, cosi hanno potuto mangiare l'erbazzone reggiano (che gli è piaciuto moltissimo!). Ian - a sorpresa - ha persino suonato alcune note ad un flautino che di solito suona mio figlio Pier Carlo (da allora il tin whistle, mai lavato, è stato messo in una teca blindata!). Quel giorno, è stato soprattutto grazie a Ian ed a Shona che abbiamo rotto il ghiaccio. Non dico che siamo riusciti, io ed il Presidente, a parlare con Ian di quello che avremmo davvero voluto per anni. Ma, in compenso, siamo entrati in sintonia con loro; e abbiamo passato una bella giornata, rilassante, in cui pur non parlando quasi per nulla di Jethro - siamo riusciti, credo, a conoscere Ian e sua moglie molto di più di quanto eravamo stati capaci in trent'anni di militanza di tulliani di ferro! Ed il clou è stata la serata, in un ristorante posto di fronte ad un magnifico castello della bassa parmense, dove Ian e sua moglie sono stati molto spontanei e simpatici, e dove, per la prima volta, ho avuto la sensazione di avere acquisito due nuovi amici. L'unico momento della serata in cui, per imbarazzo, ho dovuto addirittura mentire, è stato quando Ian mi ha chiesto quale sogno avevo da ragazzo. Non gli ho potuto dire che il mio vero sogno sarebbe stato di poter passare, da amico, una serata a cena con Lui! Forse, però, Ian questo se lo era già immaginato ... Non si sarebbe mai immaginato, invece, che io avrei provato il suo mitico "habanero", un peperoncino in polvere della Cayenna mostruosamente piccante (tra l'altro: sugli gnocchi al soffritto!). Anche qui, lo confesso, ho dovuto mentire, fingendo che fosse buonissimo, e cammuffando il bruciore impressionante alla lingua! Fangala!
Per concludere: grazie, Presidente, per la grande opportunità che mi hai offerto. E - quasi lo dimenticavo - complimenti per l'organizzazione di due riuscitissimi concerti che rimarranno nella storia della musica! Però non mi sono ancora scordato dei tutto del tuo soggiorno a casa di Anderson: e per quello ti rimando volentieri a fangala! The Professor


FAN-GALA

Il titolo della presente rubrica è caratterizzato dall’oscura (?!) etimologia.

Secondo alcuni studiosi, “fan-gala” deriverebbe dall’unione tra la parola “fan” (il cui significato non abbisogna certo di una spiegazione in questa sede) e la parola “gala”, che sta a significare “ricevimento solenne o elegante”: in questo senso la rubrica si porrebbe quale “ricevimento solenne o elegante”  dei fans dei Jethro. Altri, invero più prosaicamente, ricollegano l’espressione de qua ad una meno chiara derivazione dalla lingua araba, o meglio alla storpiatura in arabo di una assai invalsa espressione italiana dal carattere che eufemisticamente potrebbe definirsi “colloquiale”. La versione araba di tale spesso abusata espressione italiana fu divulgata dal famoso studioso del mondo arabo Giorgio Bracardi, qualche anno fa, presso il grande pubblico. Qualora dovesse prevalere questa seconda spiegazione etimologica, lo spirito della rubrica cambierebbe drasticamente, ed essa, lungi dal porsi come “trattamento elegante” dei fans dei Tull, si atteggerebbe ad una sorta di ‘sberleffo’, più o meno scherzoso ma sicuramente poco garbato, nei loro confronti.

Solo i fans stessi decideranno. Certo, resterà un’ambiguità di fondo, ma noi tulliani siamo abituati all’ambiguità, che caratterizza lo stesso gruppo che noi veneriamo: da sempre i Jethro ci hanno abituato ad una strana alternanza tra il serio ed il faceto, tra il buono ed il cattivo, tra l’hard ed il soft, tra il religioso e l’iconoclasta, ecc. (sul punto sicuramente torneremo nelle pagine di questa fanzine).

Da questa premessa deriva che la nostra rubrica avrà un andamento per così dire “ciclo-timico”, e sbanderà dal rigoroso allo sbracato, dall’approfondimento culturale al trash buffonesco. Tutt’al più, se vi  stuferete di leggerla, mi potrete sonoramente “mandare a fangala”!

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Due parole di autopresentazione dell’autore: mi firmerò The Professor, per come sono noto, in qualità di vice-presidente di Itullians, a Ian Anderson (i particolari in un numero successivo...); mi chiamo però Alberto Cadoppi; nel mio curriculum vitae Tullianae posso vantare, tra l’altro, di:

1) essere stato in ascensore con Ian Anderson vestito con i colori del tartan della famiglia Anderson;

2) Anderson mi ha mandato uno dei soui balloons per posta perché quello da me arraffato ad un concerto - e sottratto alle brame di una bambina di sei anni - nel settembre 1995 era scoppiato nel marzo 1996.

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La convention inglese del 30 novembre 1996: un’occasione mancata dal nostro mitico presidente!

Il 30 novembre 1996 è stato “un grande giorno”, come ha scritto Dave Rees sull’ultimo A New Day. Quando Ian Anderson ha suonato Elegy con David Palmer, ai fans più affezionati e sensibili sono venute le lacrime agli occhi.

Purtroppo, le lacrime agli occhi sono venute anche - a me e agli altri italiani presenti (i ‘leggendari’ coniugi Traina “Kallarma-Mannaque” da Bergamo, il ‘tuttologo’ Paolino da Salsomaggiore ed il ‘tassonomico’ Semeraro da Torino) - in un altro momento della Convention: quando il nostro presidente, Aldo de Tagliaferribus della Madonna, non ce l’ha fatta ad essere ammesso alla finale del mitico Tull Convention Quiz. “Chi di quiz ferisce, di quiz perisce”, diranno quanti di voi si trovavano nel giugno scorso alla Convention italiana di Viano: sia le eliminatorie che la finale del Rischiatullo erano caratterizzate da domandoni micidiali, che solo Aldo avrebbe potuto elaborare!

Come è possibile allora che non si sia qualificato per la finale? Mah, non lo so proprio. Le domande delle eliminatorie non erano impossibili. Ad esempio: “Qual era il lato B del single di The Whistler”?; “Quali sono stati i membri dei Tull padre e figlio”?, ecc. Ce n’erano anche di più complicate, come ad esempio “Quale membro dei Tull ha suonato come guest in ‘Quick as a Roof’, il recente CD di Jackie Lyntons”?, ecc.; ma impallidivano al confronto delle domandone di Viano! Probabilmente Aldus Tagliaferrus si è fatto prendere dall’agitazione che peraltro attanagliava tutti noi quel giorno. A qualche risposta ho contribuito anch’io, ma certo non potevo dare la mano decisiva ad un esperto tassonomico e sistematico come il nostro presidente!

Fatto sta che alla finale sono arrivate due “belve umane”: un tedesco (Michael Veith) e un inglese, che già aveva vinto il quiz di due anni prima.

Ma il bello (anzi: il brutto) è venuto durante la gara finale! Io, Aldo e gli altri italiani eravamo seduti vicinissimi al palco dei finalisti. E capitava spesso che questi ultimi non sapessero le risposte. Bene: tutte le volte, dico tutte le volte (!), Aldo rispondeva alle domande con la velocità del fulmine! Ad un certo punto, tutti, in sala, se n’erano accorti. E, alla formulazione delle domande, guardavano più Aldo e il gruppo di noi italiani - sempre più rumorosi degli altri... - che i finalisti! Ad ogni risposta sbagliata dall’inglese e dal tedesco e azzeccata da Aldo, però, io mi infumanavo sempre più, e me la prendevo con il nostro presidente, che avrebbe meritato di essere sul palco ed anche, alla grande, di vincere.

Ormai è andata così. E Aldo, pur sapendo molte più risposte dell’inglese e del tedesco (che ha poi vinto) non si è guadagnato la soddisfazione a cui avrebbe avuto diritto. Fangala!!! (in che senso?)!!!

Alla Convention reggiana dell’anno scorso, durante la fase finale ci eravamo accorti che c’era una persona in sala che sapeva molte più risposte dei finalisti: la chiamammo sul palco, violando ogni regola della storia dei quiz, e lei vinse (era Cristina ..., grande conoscitrice dei Tull, e soprattutto dei loro testi). Ma si sa; noi italiani siamo più elastici, e rompiamo le regole quando ci sembrano non funzionare. A dir la verità è questa anche una tipica prerogativa dei giudici inglesi, che come è noto sono molto più liberi dei nostri nell’applicare la legge. Non è così, evidentemente, in Inghilterra, per i giudici dei quiz...

Ma comunque credo che Aldo, la prossima volta, non fallirà. E vincerà il quiz. Se no, giuro, ne chiederò io stesso la destituzione da presidente del neonato ma già glorioso Itullians! Fangala!!!!


AMARCORD

Quand lè gnu fòra Minstrel in the Gallery, l era al setèmber dal mélnovsèintstantesinch. Mé, in Agòst iva vést i Jethro in cuncert a Houston, in Texas (mia a Caveriegh!). Un cuncert d la Madòna! Era càregh c me na molla. Aloura sé che mé era un vero fan, mia adèsa!

Quand lè gnu fòra Minstrel in the Gallery, l ho cumprè, e am sun més lé a sintìrel. Tu-du Tu-du, Tu-ru-du Tu-ru-du! Quand i ho sintù al riff ed Martin, m è gnu mèl! Quand po i ho sintù Cold Wind to Valhalla, a i ho capì che qui lé l éren i Jethro Tull da bòun. A fèven mia per réder! Un ingasamèint da mat! Mé a capiva piò gninto.

Incò, l è cèra che chi désch lé l éren di gran désch. L è mia na novitè. Mo a chi dé lé, int al mélnovsèintstantesinch, un al saìva mia com l era un désch nòv. Presèimpi War Child, l an préma, mé l iva cumprè subét, mo al m era mia piasù po tant. A m sembrèven mia i Jethro ed Thick as a Brick o ed Passion Play. In dov l era la chitarèina mitica ed Ian?

Quand i ho sintù Minstrel, a i ho capì subét che cul lé l era un gran désch. Forsi, al piò bel di tòti i désch dei Jethro.

Mo l era mia finìda. Dopa la leggenda nordica ed Cold Wind, a gh era Black Satin Dancer, na cansòuna bestièla! e po Requiem vaca boia, a mé al cansòuni dolsi ed Ian a m in sèimper piasùdi da mat! Parlòm mia po ed la seconda facèda Baker Street Muse, la summa (cus ché l è mia dialèt arsàn!) ed tòta la produsiòun dei Jethro.

Quand i ho finì d asculter al désch la préma volta, am sintiv c me Fraser dop d avèir ciapè di gran pògn da Cassius Clay. A capiva piò gninto. Per na stmana, mé era sotto shock . A sintìv tòt al dé Minstrel, da la matèina a la sìra. Mé mèdra e mé pèder éren preocupé ( Al noster fiòl l è dvintè mat! ). Mo mé era nurmèl. Forsi era piò nurmèl a cul tèimp lé ché adèsa!

In cal stmàni lé, a gh éren i Campionati Provinciali ed tènis al Circolo ed Canèl, a Rès. Mé, a sughèva al tènis a cul tèimp lé. Era mia un campiòun, mo era boun ed sughèr. E a i ho partecipè ai Provinciali. Al prém turno al mé aversari l era L.S. (rispetòm la privacy!). L.S. l era un mé amigh, l era simpàtic, mo l era mia un gran sugadòr! Ed sòlit, quand al sughèva mègh, al ciapèva qui ed Sandròun! Mé, l era tranquél. Mo quand am sun truvè int al camp, a catèva mia la cuncentrasiòun. A cuntinuèv a cantèr Minstrel (l iva sintù dòméla volti int na stmàna!), e ag la caveva mia a pinsèr a la partida! In pochi paroli a i ho pers! Zio canta! Roba da mat! Mé a i ho dè tòta la colpa a Minstrel e ai Jethro. Mo an so po mia. Forsi, na percentuèla ed colpa la gh iva anca mé! E n ètra percentuèla la gh iva anca L.S., che al l iva mai sughè acsé bèin in tòta la sò vétta.

La stmàna dòpa, nuèter dù, mé e L.S., a i om decidù ed fèr al dòppi di Provincèl insèm. Al prém turno, a i om sughè countra du sugadòr bestièl, che èren famòus per sughèr bein int al dòppi. La sburiana ed Minstrel l éra un po calèda. Mé, iva catè almeno na pèrta ed la mé cuncentrasiòun. Al mé amigh, l a sughè bèin n ètra volta. L è mia veira che a som andè a vinser? Al ters dòdes a dés, o un quèl dal gèner. L era gnu not! A g éren i lampiòun impiè! Un impresa eroica!

Mé, dop c la vitoria inaspetèda, am sintiv impruvisamèint int al Valhalla del tènis! Mo al secondo turno, a iom pers miseramèint, con dù sfighè! A som pasè dal Valhalla al Requiem del ténis. Fangala!

ABSTRACT - Il professore, ricordando gli anni in cui si sentiva un fan dei Tull al cento per cento, rievoca l uscita di Minstrel in the Gallery. Fu una folgorazione ascoltava il disco in continuazione, tanto da perdere incredibilmente a tennis, sport in cui all epoca era già un professore . Dopo aver visto i Jethro a Houston, the Professor si innamora di Minstrel in the Gallery, che illustra canzone per canzone.


INTERNO DI UN ...CONVENTION

 Nell’ultimo (e primo) Fan-gala avevo fatto una precisa minaccia al nostro Presidente. Se non vinceva il quiz alla prossima Convention ne avrei proposto l’immediata destituzione, se non addirittura la radiazione da Itullians. L’occasione per il riscatto si è presentata prima del previsto.

Il marzo si è svolta a Betzdorf, in Germania, la Convention tedesca. Era presente una delegazione di fanatici “itulliani”, composta dal Presidente Aldus, dal “sistematico” Beppe De Agostino, dal “batterista-archiTullo” Roberto Verona, dall’uomo-che-più-disperatamente-di-tutti-cerca-il-programma-del-tour-A-Little-Light-Music (Francesco Giuffré), dal tassonomico Semeraro, e dal sottoscritto.

Subito ci siamo buttati nella mischia per i soliti acquisti-Kamikaze di (tra le altre cose): CD mai stampati (eppure venduti...), programmi di tour mai fatti, raccolte di canzoni non ancora composte da Ian Anderson, foto dell’Elefante Simon e di Franco Scopatore, peli di barba di Magus Perdé, peli di ... della fidanzata di Gerald Bostock “Little Milton”, peli del cane di uno che vendeva foto dei Jethro (non comprati ma trovati nostro malgrado appiccicati alle foto), mutandoni del nonno di Ian Anderson (certamente una truffa, perché come è noto il nonno del Nostro, da vero scozzese, sotto il kilt, come Braveheart, non portava mai nulla...), e un gelato parzialmente leccato sul Golden Mile di Blackpool da Jeffrey Hammond nel ‘63 e miracolosamente non ancora sciolto (N.B.: in un simile “Broadford Bazaar”, Giuffré clamorosamente non è riuscito a trovare, nemmeno questa volta, il programma del tour A Little Light Music!).

Poi la musica: vari gruppi tra cui i Wild Turkeys di Glenn Cornick, Santino di Bartolo, i Solstice di Clive Bunker, oltre ai grandi Fairport Convention, da non confondere con la Convention, ma pur sempre parte della Convention, ecc.

E, in uno degli intervalli tra un gruppo e l’altro, il “mitico quiz”!

Questa volta, gli organizzatori - tra cui ricordiamo l’infaticabile Ulla e l’inarrivabile (nel senso che sarà almeno 2 metri!) Marco Laufenberg - hanno pensato di saltare la macchinosa (e per noi fatale in Inghilterra) fase preliminare, e di passare direttamente alla finale, a cui sono stati ammessi di diritto il leggendario Jerry the Zobstick (from England), il Presidente e Vice del fan-club svizzero, e ... (un po’ di suspence) ... (ancora un po’ di suspence) ... (basta con la suspence sennò mi mandate a fangala!) ... indovinate un po’ chi (avevo detto basta con la suspence! fangala!)? il Presidente ed il Vice di Itullians, ovvero Aldus Tagliaferrus ed il sottoscrittus!

Chi ha vinto secondo voi? volete che ricominci con la suspence? Sarò buono. Abbiamo vinto noi!!!! (o meglio, ha vinto Aldo, perché io su 6 domande che ci hanno fatto sapevo una sola risposta!). In questo modo il nostro Presidente ha salvato la faccia e ... la poltrona.

Ma vi domanderete, oh attenti lettori (quelli che ancora non si sono addormentati o non mi hanno mandato a fangala ...): come abbiamo fatto a battere avversari così blasonati? Beh, siamo sinceri. A parte l’innegabile cultura mostruosa di Aldo in Tullibus, la vittoria è stata determinata al 90% dal tasso alcolico dei nostri avversari, ancora più mostruoso della cultura tulliana del nostro Presidente. The Zobstick, da buon inglese, aveva già consumato alcune casse di birra che erano state a lui donate dall’organizzazione della Convention per le sue benemerenze, e gli svizzeri non avevano voluto essergli da meno. Noi invece, che cercavamo il riscatto dalla débacle inglese, avevamo osservato, fin da alcuni giorni prima della Convention, una dieta dal rigore benedettino: a parte qualche pizza ai 20 formaggi consumata sere prima dal Presidente (buona forchetta indeed), e qualche bottiglia di pregiati vini toscani trangugiata circa una settimana prima dell’appuntamento, ci eravamo astenuti da (quasi ...) ogni stravizio. In applicazione del motto mens sana in corpore sano, ci eravamo allenati per l’appuntamento come se avessimo dovuto partecipare alle Olimpiadi!   

E così ce l’abbiamo fatta. Gli altri, comunque, non se la sono presa troppo, anche grazie al loro stato di  ... euforia.

Vinto il quiz, ringalluzziti nell’orgoglio ‘itullico’, ci siamo presi coraggio e siamo riusciti ad inanellare altri successi insperati. Dapprima, abbiamo ottenuto un’intervista “al fulmicotone” con lo scatenato e simpaticissimo Glenn Cornick (v. altra pag. della fanzine). Poi, finita la Convention, grazie all’invito della generosa Ulla e all’intercessione di Santino di Bartolo, un nostro connazionale famoso in Germania ed inserito nel clan dei membri ed ex-membri dei Tull, abbiamo cenato addirittura insieme a Dave Pegg e ad altri membri dei Fairport. A questo punto, potrete immaginare come è finita la serata (anzi, la mattinata!): per non scontentare Peggy, senza rivali al ... boccale, abbiamo cercato di battere i nostri avversari del quiz anche - pur retroattivamente - sul piano alcolico. Superata anche quella prova (in confronto le fatiche di Ercole erano giochi da ragazzi!), ci siamo guadagnati  la simpatia di Pegg, il quale peraltro si è dovuto sorbire, oltre alle birre, una cinquantina di barzellette tradotte dal veneto all’inglese dal nostro Presidente. Presidente che, ancor più che esperto dei Jethro, è in realtà un vero e proprio cultore sistematico della barzelletta.

Alla milleecinquecentesima barzelletta, ci siamo trovati, il giorno dopo, in Italia, a casa, distrutti ma felici, e con uno strano cerchio alla testa.


FANGALA

Questo doveva essere un numero triplo o quadruplo di Fangala. Anzi, si era pensato col Presidente di dedicare l’intero numero di Itullians, monograficamente, a Fangala. Infatti, enorme sarebbe il materiale a disposizione per sollecitare la vena polemica, sarcastica ed iconoclasta del Professor. Basti pensare alla Convention di fine giugno, e alle gioie e dolori che essa ha offerto a noi “tulliani” sfegatati; e ai concerti dei Jethro di fine luglio, anch’essi esaltanti per molti versi e mortificanti per altri. Ma la pigrizia e la lentezza della penna (ed ancor più del computer, una vecchia bagnarola!) del Vice-presidente hanno impedito che una tale impresa si realizzasse: il numero tassonomico e sistematico ( direi “definitivo”) di Fangala, ossia l’enciclopedia fangaliana, in cui, come a Blob, tutto il peggio e poco del meglio doveva essere compendiato, classificato, ed analizzato, è dunque rinviato a momenti migliori (per me) e peggiori (per Voi). Per ora, beccatevi questo numero striminzito e rinsecchito di Fangala, in cui troverete peraltro, rispetto ai numeri precedenti, un’innovazione. The Professor - legittimato a ciò dal suo titolo - darà i voti! Ebbene sì. I tanti protagonisti delle ultime vicende “tulliane” saranno oggetto, questa volta, della implacabile  pagella di Fangala.

Bando alle ciance, apriamo il registro e cominciamo.

1) Jethro Tull: voto 10. Infatti, se non gli dessimo 10, non staremmo a perdere del tempo a scrivere queste cose, ad andare a costosi concerti in giro per l’Italia ed altrove, a spendere i nostri risparmi in collectables vari, ecc. Inoltre il 10 è comunque meritato perché i JT ancora esistono e ancora fanno concerti!

2) Ian Anderson: voto 10--. Il 10 è anche qui scontato (v. sopra). Ma perché due meno? Il primo perché - diciamo la verità - non ha più voce! E’ inutile negarlo, o - come diciamo noi tra Parma e Reggio Emilia - “foderarsi gli occhi ( in questo caso le orecchie) di prosciutto”. E’ inutile mettersi lì a cercare impercettibili miglioramenti tra un concerto e l’altro. Sì, può essere che una volta una canzone riesca meglio della volta prima, ma vogliamo paragonare la voce attuale con quella che aveva fino ai primi anni ‘80? Né mi si venga a dire che questo è normale in un cantante di 50 anni. Perché allora la voce di Elton John è esattamente quella di 25 anni fa? E che dire di Pavarotti? o di Mina? o di Mick Jagger, e di tanti altri? Lasciamo perdere.

Il secondo “meno” è dovuto alla scarsa disponibilità di Anderson per noi di Itullians. E vero che vi è stata la “mitica” conferenza-stampa di Vigevano, cui una ventina di fans di Itullians sono stati ammessi. Però Ian avrebbe potuto accettare l’invito del Presidente e del Vice di Itullians di passare qualche ora, o anche qualche minuto assieme a loro, in privato, durante le tappe italiane.

3) Shona Anderson: voto 10. La signora Anderson ci ha sempre incusso un certo timore reverenziale, sia a me che al Presidente. Sarà per le sue maniere da nobildonna inglese, così signorili da lasciare impietriti noi grezzi fans italiani, abituati a ragionare in termini di spaghetti e mandolini, e a sbracarci alla prima occasione! Sarà per il fatto che quando per la prima volta le parlammo (due anni fa in Inghilterra), eravamo appena penetrati come ladri (e vestiti come ladri!) nel parco della casa degli Anderson, e l’accoglienza della padrona di casa non era stata certo molto calorosa! Ma nei giorni dei concerti italiani la signora Anderson è stata gentilissima. Abbiamo fatto omaggio a Ian (per il 50esimo compleanno) di un’enorme bottiglia di Tignanello, e l’abbiamo consegnata a Shona perché suo marito era assediato dagli altri fans. Lei ci ha assicurato che la berranno insieme in un’occasione importante. Speriamo ci invitino là a berla con loro. Anche Ian recupererebbe, forse, il 10 pieno, se non il 10 e lode.

4) “Master” James Anderson: voto 10. Per essere il figlio di Ian, e per aver seguito tutta la tournée dei Jethro. Ha circa 20 anni, e suona in un gruppo. Perché non entra nei Jethro? E perché non dà una mano al padre a cantare? Se lo facesse con successo, gli daremmo 10 e lode.

5) Martin Barre: voto 9+. Resta sempre un grande alla chitarra, anche se non possiamo metterlo sul piano di Ian. 9, quindi, ma nessun “meno”; anzi, un “più”, per averci gentilmente concesso una bella intervista, e aver scritto una bella lettera al nostro Presidente, con un invito in Inghilterra!

5) Gli altri membri dei Jethro: voto 8. Grandi strumentisti. Ma dovrebbero imparare a parlare! Nella conferenza stampa di Vigevano avrebbero dovuto rispondere alle domande, ma in realtà erano così imbranati che il nostro Ian finiva sempre per tolgliergli la parola!

6) Gli organizzatori del concerto di Rimini: voto 2+. Come si fa ad mettere i Jethro Tull in posti simili? perché stipare 6-7.000 persone in luoghi che ne potrebbero contenere al massimo 2.000? E soprattutto: perché non hanno numerato i posti, come fanno da trent’anni almeno ai concerti rock nei paesi civili? perché deve essere più facile e meno stressante andare a vedere i Jethro a Zurigo o a Monaco di Baviera che a Rimini? fangala! Un “più”, però, per aver portato i Jethro in Italia.

7) Gli organizzatori del concerto di Vigevano: voto 10. Era uno scenario meraviglioso! D’altra parte in un tal luogo era ben difficile numerare tutti i posti...

8) Il sindaco di Vigevano: voto 10-. 10 per aver concesso il Castello di Vigevano e per essere, come egli stesso ha ammesso durante la conferenza stampa in Municipio, un grande fan dei nostri. Non a caso ha conferito la “scarpa d’oro” a Ian! Un “meno” per aver scelto un’interprete così imbranata (v. punto 9)!

9) L’interprete alla conferenza stampa: voto 2. Perché non solo mostrava di non saper nulla dei Jethro (e gli interpreti devono sempre informarsi sulla materia del loro lavoro), ma soprattutto perché non sapeva neppure l’inglese. Infatti non ha tradotto nessuna delle battute, come al solito pungenti, di Ian.

10) La stampa: voto 2. Perché i Jethro sono stati quasi ignorati dalla stampa nazionale, e quasi solo a livello locale sono comparsi degli articoli? Per non parlare degli errori clamorosi che costellavano la maggior parte degli articoli. Si è letto di tutto: che i JT festeggiavano i 20 anni; che l’ultimo disco dei JT era Rock Island; ecc. (un errore veniale, invece, quello di quel giornale che mi ha intervistato chiamandomi “Albergo Cadoppi”!). E la TV, ancor peggio: come mai hanno dedicato ampi spazi a dinosauri come gli ELP, e poco o niente ai nostri?        

11) Glenn Cornick: voto 10. E’ venuto alla Convention, ha suonato per noi e...con noi! è stato nostro ospite in varie parti d’Italia. E’ stato simpaticissimo, e così anche sua moglie Brigitte. E’ molto alla mano, perché è rimasto com’era nel ‘68! Insoma: un grande! E un grande amico di Itullians, avendo promesso grandi cose per la prossima Convention!

12) I Beggar’s Farm: voto 10-. Avrei dato 10 a Franco Taulino e soci, ma come faccio a dargli lo stesso voto dei Jethro? Anche se il “meno” non so proprio a cosa attribuirlo! Forse al fatto che hanno fatto sentire Aldo, me e Stefano, ancor più “tapini” di come già ci sentivamo dopo aver suonato!

13) I “Grand Court Jesters” (Aldo, Alberto, Stefano): voto 4+. Non dovrei dare il voto a me stesso, ma il giudizio mi pare comunque obbiettivo. 4 per la qualità (Stefano: tu, poi, che in prova non sbagliavi mai, cosa avevi quel giorno? Sembravi un koala che aveva fatto indigestione di foglie di eucalipto!); un “più” per il coraggio di suonare così male davanti ad un pubblico così esperto!

14) Il pubblico della Convention: voto 10. Per essere venuti e per aver applaudito persino noi! Lo stesso voto va agli altri musicisti e pertecipanti ai giochi della giornata!

15) Il tempo di giugno: voto 1. Possibile che abbia piovuto tanto da bloccare molte le strade, e da spingere la protezione civile a sconsigliare la gente da mettersi in viaggio? (cosicché alla Convention metà dei prenotati backstage non sono venuti?). Solo il 1° giugno aveva piovuto così tanto!

16) Il nostro Presidente: voto 10-. 10, per tutto quello che ha fatto in questi mesi. Un “meno” perché non è riuscito a procurarmi il pass per il backstage del concerto di Vigevano. Fangala!


FANGALA

   Chi sono gli Anderson? Domanda a prima vista peculiare, ma più pertinente se pensiamo alla realtà scozzese, realtà da cui la famiglia del Nostro Ian proviene. Cito dal libro “Scottish Clans and Family Names” di R. Martins (Edinburgh, 1987): ”Il nome è connesso con St. Andrews, il Santo Patrono della Scozia. Il nome significa ‘figlio di Andrew (=Andrea)’ e la croce di St. Andrew si mostra negli emblemi della famiglia Anderson. Il nome è comune nell’Aberdeenshire, dove gli Anderson o MacAndrew sono generalmente connessi con il Clan Anrias, una sezione del Clan Ross (...). Rami importanti del Clan Anderson sono gli Anderson di Dowhill, di Wester Ardbreck nel Banffshire, e di Candacraig a Strathdon (...). Nel 1748, la vedova mentalmente instabile di un soldato tornò a casa sua a Elgin e partorì un bambino nel gabinetto della cattedrale. Questo bambino crebbe e diventò Liutenant-General Anderson e quando morì lasciò parte delle sue considerevoli fortune alla città. Uno degli architetti scozzesi più rinomati era un Anderson, e la cantante Moira Anderson è famosa in tutto il mondo per le sue interpretazioni delle canzoni scozzesi”. Come si nota, il più diffuso volume sui clan scozzesi cita alcuni famosi Anderson e non il più famoso ed importante: il vecchio Ian: fangala!

Comunque, il Nostro non è mai stato insensibile al fascino delle radici della sua famiglia. Chi si ricorda il famoso cappottone (o palandrana) indossato da Ian ai tempi delle tournées di Thick as a Brick (ad es. in Italia nel 1973)? O un bellissimo gilé da lui indossato qualche anno dopo (v. Bursting Out)? Ebbene, quei vestiti erano di fantasia ‘scozzese’, come si dice abitualmente: di quale fantasia si trattava? Erano i colori del tartan degli Anderson, e cioè quelli che contrassegnano il clan Anderson, tartan riportato a colori nel libro sopra menzionato e in ogni libro sui clan scozzesi. Ian ha spesso portato vestiti o altro (anche berretti, stemmi) del clan Anderson. E’ dunque stato legato al suo clan ed alla sua famiglia anche nel modo di vestire.

A questo proposito posso citare un episodio paradossale che mi ha visto protagonista. Nell’ottobre 1987 avevo la fortuna di trovarmi ad Edimburgo, in occasione dell’inizio della tournée di “Crest of a Knave”. Dopo il mitico concerto, mi ritrovai “casualmente” all’Hotel Hilton, dove alloggiavano i Jethro. Ero abbigliato (lo devo ammettere...) da cima a fondo nei colori del tartan Anderson (come sa bene il nostro Presidente, sono da anni un cultore tassonomico di quel bellissimo tartan...). Entrano Ian e Martin. Li seguo immediatamente, con gesto automatico, nell’ascensore. In ascensore siamo in tre: Ian, Martin ed io. Mi faccio prendere dal panico e non spiccico parola. Rompe il ghiaccio (indovinate chi?) Ian: “Questo è un bel tartan - mi dice - ; è il tartan della mia famiglia!”. Cosa rispondo io, che studiavo tutto sugli Anderson e sul loro tartan da anni e che apposta mi ero agghindato in un abbigliamento così sobrio? “Ah, davvero?”. E non dico altro. Potenza dell’emozione, o interiorizzazione delle maniere inglesi (in questo senso simili a quelle scozzesi), dopo un lungo periodo trascorso in Scozia? Mah...: comunque, fangala! A quale altro fan Ian aveva per primo rivolto la parola?

Insomma, se volete farvi abbordare da Ian vestitevi coi colori degli Anderson. Anche se l’attuale Anderson mi sembra un po’ meno scotofilo di un tempo, e a questo proposito rinvio alla bellissima intervista rilasciataci qualche tempo fa da Ian e pubblicata nel primo numero della fanzine. Forse, oggi, per farsi avvicinare da Ian ci si deve vestire da inglesi! Ma la cosa di gran lunga migliore è travestirsi da bella ragazza ungherese! In quest’ultimo caso, l’approccio è assicurato. State attenti, però, se siete di sesso maschile: potreste conoscere Anderson troppo da vicino! Anche se poi  (a differenza di quello che farebbe suo fratello), si scuserebbe senz’altro dell’errore, e vi manderebbe a fangala!


UNA CONVENTION "FANTOZZIANA"

Sono le 4 del mattino di sabato 18 aprile 1998. Sto dormendo beatamente. Dormirei altre 5 ore come minimo, dopo una settimana massacrante. Ma suona la sveglia. E' ora di partire. Dopo tre quarti d'ora mi ritrovo, ancora in dormiveglia, sull'autostrada, con altri tre compagni di sventura: il Presidente ed i fedelissimi Maurizio Traina e Beppe D'Agostino. Dopo oltre 10 ore di marcia forzata, raggiungiamo addirittura il confine tra la Germania e l'Olanda e, clamorosamente sbagliando strada, lo superiamo. Contenti - alcuni di noi che non ci erano mai stati - di essere in Olanda, meno contenti gli altri - che ci erano già stati - torniamo indietro, e arriviamo sul posto. Ho completamente rimosso il nome del paesino dove si teneva la convention. Comunque, era uno dei soliti paesini del nord della Germania, anonimi e ripetitivi. Ma dovevamo trovare il luogo della convention. Sapevamo che si trattava di una “clinica”, e la cosa aveva già insospettito i più scettici, come il sottoscritto. Si congetturava su che tipo di clinica potesse essere. Si era pensato dai più ottimisti che potesse trattarsi di una ultramoderna clinica tedesca, dotata di un centro congressi, ed eccezionalmente offerta ai fans dei Jethro per la passione di qualche “primario”, o di qualche infermiera amante di qualche primario. Altri avevano avanzato ipotesi meno entusiasmanti, come quella della vecchia clinica dismessa ed utilizzata per spettacoli di vario genere. Ma nessuno aveva osato prevedere di cosa realmente si sarebbe trattato: la “Klinik” era un vero e proprio manicomio!, un enorme manicomio fatto di molti padiglioni, alcuni un po' decrepiti, immersi in una tetra e cupa foresta tedesca! Come è noto, i manicomi erano più affollati un tempo. Questo non perché una volta ci fossero molti più matti di adesso. Piuttosto per il contrario: oggi ci sono troppi matti, e non ci starebbero tutti nei manicomi, per cui si è pensato che è meglio lasciarli liberi (quasi) tutti! Leggi come la nostra famosa 180 - ispirata alle note teorie di Basaglia & Co. - sono entrate in vigore quasi in tutta Europa, ed i manicomi, così, si sono (quasi) svuotati. La convention dei fans tedeschi si svolgeva in uno di questi manicomi ormai quasi vuoti. La cosa non poteva lasciarci indifferenti. Passeggiando all'ombra di quegli alberi giganteschi - in un'atmosfera invero più da Lager nazista che da manicomio - si incrociavano, in successione, individui vestiti da Ian Anderson, ed altri vestiti da Napoleone! Di fronte a simili inquietanti spettacoli, sorgeva spontanea - dentro di noi - una domanda ancor pù inquietante: quali erano i veri matti? quelli vestiti da Napoleone, o quelli vestiti da Ian Anderson? Noi quattro non eravamo stricto sensu “vestiti da Ian Anderson”, ma alcuni di noi indossavano indumenti del tartan scozzese “Anderson”, altri addirittura avevano sulla pelle tatuaggi di indole tulliana. Anche noi dunque eravamo “a rischio”! Soprattutto, colpiva il fatto che, quando un matto D.O.C. incontrava un fan dei Jethro, lo guardava con la stessa espressione mista di compatimento e di sinistro stupore con cui i “normali” di solito guardano i matti! Già avevo dei sospetti da anni di essere anormale. Questi sospetti si erano molto rafforzati alle 5 della mattina di quel sabato, in cui stavo affrontando con altri disperati un viaggio mostruoso per andare ad una convention tedesca dei fan dei Jethro, soprattutto tenendo in considerazione il fatto che così facendo avrei abbandonato per un paio di giorni mia moglie e mio figlio nato da poche settimane! Ma, nel manicomio-Lager, con i matti che ci scrutavano come fossimo dei matti noi, e guardando in faccia i nostri “colleghi” fan d'Oltralpe, talora, più che eccentrici, addirittura “lombrosiani”, gli ultimi dubbi andavano via via dissipandosi: sicuramente anch'io, ed i miei compagni di viaggio, eravamo anormali! E se qualche speranza di sbagliarmi ancora poteva residuare, la vista del quinto fan italiano presente in loco mi illuminò definitivamente sulla triste realtà: appoggiato ad un palo, semiaddormentato, il “tassonomico” Semeraro (detto “rare seed”), il cui stato era a dir poco disastroso. Aveva percorso gli oltre mille chilometri da Torino a quel posto, in Seat Marbella, impiegandoci quasi 20 ore! Nessuno dei matti ricoverati laggiù (o anche nei nostri manicomi) avrebbe mai fatto una simile pazzia! Con una nuova consapevolezza del mio stato mentale e di quello dei miei amici, ero comunque pronto ad affrontare la convention. Non sto a descriverla nei dettagli. Dalle prime fasi di febbrile ricerca di memorabilia improbabili o introvabili dei Nostri; alle esibizioni, invero non esaltanti (che nostalgia - se non dei Grand-Court Jesters - quantomeno dei Beggar's Farm!), di alcuni gruppi, compreso l'organizzatore Handke; alla apparizione finale di...sì, proprio loro: dei Jethro! Ecco, solo due parole conclusive sull'esibizione dei Tull. Bravi, sì; la voce, quella che è (o che non è). Ma perché trattare i fan come un pubblico qualsiasi? A parte qualche giochetto iniziale (indovinelli di Perry alla batteria), sembrava un concerto normale! Uno di quelli dell'ultima tournée. Ian non ha fatto nulla di diverso dal solito. L'unica “chicca”: un brano (a quanto ha detto Ian) dal suo prossimo CD solo. Ebbene: a mio parere una vera “ciofeca”. Un motivetto flautato che forse potrebbe andar bene per la pubblicità televisiva di un detersivo! E sotto qualche bouzuki e qualche fisarmonica, nell'inutile tentativo di intristire l'atmosfera del pezzo, già triste di per sé, ma più per la sua sciatteria che per l'intensità delle emozioni suscitate. Ma che ne è dell'Anderson di Crash-Barrier Waltzer, di Requiem, o più semplicemente di A Small Cigar o di Broadford Bazar? Che ce ne facciamo noi di motivetti da balera o da baraccone? Speriamo che quel pezzo non venga riproposto nel CD, e che il disco sia invece quel “mitico”, “leggendario” “solo” di Anderson che io e tanti altri fan “storici” aspettiamo con trepidazione dagli anni '70, ma che - dopo il “bidone” di Walk into Light - sembra sempre più una “chimera”... “La musica è finita; gli amici se ne vanno, che inutile serata” (meglio la Vanoni, quasi quasi!)! Dormiamo nei confortevolissimi letti tedeschi (leggi: sul pavimento!). Ripartiamo il mattino dopo, delusi. Unici motivi di allegria: l'essere insieme tra (ormai) vecchi amici; le barzellette di Aldo; la “abbuffata” all'auto-grill tedesco; e - dulcis in fundo - il sorpasso di Semeraro sull'Autobahn: faceva una velocità ignota alla prassi autostradale tra i 46 ed i 51,5 Km/h! Chissà: forse ormai (è passato oltre un mese...) sarà arrivato a Torino! Questa volta, davvero, fangala! Basta convention tedesche! prepariamoci piuttosto, con maggiore fiducia, a quella italiana...


LO SGABELLO

Fangala era entrata in letargo per un po'. Colpa soprattutto del Presidente e dei suoi ritardi nel comunicarmi le sempre troppo imminenti uscite della fanzine. Ma passiamoci sopra, e perdoniamo il Presidente, i cui meriti, soprattutto verso gli altri membri di Itullians, sono indiscutibili: basti pensare alla splendida opportunità che ha offerto a 25 di noi, di recente, di incontrare i Tulls a tu per tu a Vigevano. Un unico appunto da parte di Fangala su quell'incontro. Noi fans è vero che siamo fans, e dunque siamo per definizione "sfegatati aficionados" dei Jethro e soprattutto del "mitico Ian" (non Jan, per carità!); però, è anche vero che non possiamo approfittare di simili occasioni per buttarci tutti in una volta, come belve assatanate, addosso ai nostri beniamini, e soprattutto a Lui, per farci autografare foto, dischi, mutande, chiappe, nonne e quant'altro! Non possiamo avvicinarci a tal punto da fargli assaporare i nostri aliti pestilenziali alla cipolla o all'aglio, afrori mediterranei sì, ma di cui il Nostro farebbe certo volentieri a meno! Insomma: non possiamo indubbiamente pretendere una improbabile flemma inglese nell'approccio al nostro idolo, né di rinunciare al nostro legittimo entusiasmo e calore umano nell'incontro atteso magari da una vita, però: "est modus in rebus", dove i "rebus" non c'entrano affatto, ma i "modi" molto di più. Passiamo all'oggetto principale del nostro Fangala: il nuovo disco dei Jethro, Dot Com, gentilmente concessomi in straordinaria anteprima dal nostro Presidente. Non commenterò tecnicamente il disco, né tenterò una "recensione", che lascio al Presidente. Voglio solo soffermarmi su di un punto, concernente più in generale il nocciolo della magia della musica dei Jethro, quella che noi amiamo, e che ne hanno fatto i nostri beniamini. A questo fine mi pare interessante – attraverso un percorso metodologico forse peculiare – partire, più che dalla musica stessa dei Nostri, dall'osservazione di noi fans, e delle nostre caratteristiche salienti. E' da tempo che volevamo, assieme al Croce – noto fan-criminologo – studiare i fans dei Jethro sotto il profilo, appunto, "criminologico": cosa penserebbe Lombroso – il noto medico di fine Ottocento che identificava e classificava i criminali in base a loro caratteristiche fisiognomiche – dei membri di Itullians? Pensiamo ai nostri elementi più caratteristici. Alcuni esempi paradigmatici: il mitico Tinelli, il tassonomico Semeraro, il fedelissimo Maurizio "Kallarma" Traina, l'infaticabile Beppe D'Agostino, il "leggendario" Franco Taulino, nonché gli stessi Presidente e Vice (ma si potrebbe pensare a molti altri: per tutti si veda il recente acquisto, il filosofo Persio Tincani). Cosa accomuna tutti questi individui sotto il profilo – ci si perdoni l'eufemismo – "criminologico"? Lombroso sarebbe andato alla ricerca di improbabili tratti facciali comuni. Esempio: tutti i fans dei Jethro hanno il nasone, o il mento all'infuori, o le orecchie a sventola! Ma non a caso le teorie del Lombroso sono state da tempo ridimensionate e per certi versi ridicolizzate. Sicché si dovrà cercare i tratti comuni in altre caratteristiche, non stricto sensu fisiche ed esteriori. La ricerca non è ancora stata realizzata, peraltro qui vorrei affacciare una tesi, che potrebbe certamente essere smentita, ma di cui sono da qualche tempo abbastanza convinto. I fans dei Jethro, quelli che conosciamo e in cui ci identifichiamo, hanno in comune una caratteristica, che si rispecchia, come vedremo tra breve, in una saliente peculiarità della musica dei Jethro (e probabilmente della personalità del loro leader), peculiarità che rende la musica dei Nostri diversa dalle altre e per questo così amata e venerata. I fans dei Jethro, a differenza dei fans di altri musicisti, sono tipi piuttosto misurati ed in una certa misura introversi, sino ad essere, in molti casi, soggetti tendenti, se non alla tristezza o alla malinconia, quantomeno alla "serietà". Peraltro, hanno dentro di loro una seconda anima, ben più esplosiva, estroversa, allegra e "casinara", e per certi versi aggressiva, pronta a manifestarsi in talune occasioni. Insomma, sono soggetti dalla personalità in qualche modo doppia, quieta ed introspettiva, ma pronta all'improvvisa esplosione di gioia e di entusiasmo. Mi perdoni il Croce per l'approssimatività, sotto il profilo scientifico, di questa analisi. E mi perdonino tutti i fans che non si riconoscono affatto in questa descrizione: d'altra parte, questo non è che un Fangala, e inoltre la generalizzazione comporta sempre margini di errore. Se questo è il ritratto del "tipo criminologico" classico del fan dei Jethro, una tale immagine pare in perfetta sintonia con una caratteristica saliente della musica dei Tull, che si manifesta già in nuce in This Was, ma che nei "classici" successivi si evidenzia sempre più, sino a raggiungere l'apogeo nei riconosciuti capolavori dei Nostri, da Aqualung, a Thick as a Brick, a A Passion Play, agli stessi Minstrel in the Gallery, Songs from the Wood, e Heavy Horses, con cui si conclude, obbiettivamente, il "periodo d'oro" della band. Quale questa caratteristica? Basti pensare a canzoni come Wind Up, la stessa Aqualung, o, ancora più paradigmatica, My God, per trovare la risposta a questa domanda. In tutte queste leggendarie canzoni, ed in molti altri capolavori, si riscontra un alternarsi di momenti per così dire tranquilli e momenti di aggressività, di atmosfere soft e di atmosfere heavy, di sound acustico e di sound elettrico. Sono canzoni dalla doppia anima, come quella dei fans dei Jethro. Dense di introspezione, talora di malinconia, o di delicatezza e dolcezza, e pronte ad esplodere nella rabbia o nella gioia, ma comunque nell'adrenalina dell'aggressività più sfrenata. Si tratta di peculiarità che riflettono, appunto, le menzionate caratteristiche "criminologiche" dei fans dei Jethro, e che spiegano la passione che in loro quella musica ha saputo suscitare. Si pensi a My God: l'inizio acustico, apparentemente tranquillo; Ian da solo, con voce pacata; ma il risvegliarsi della rabbia è lì, ad un passo: è, dal vivo, il famoso momento del calcio allo sgabello, e del furioso attacco rock cui, improvvisamente, l'intera band si unisce con una forza e una potenza inaudite: dall'acustico all'elettrico, dalla voce vellutata all'urlo feroce, nell'esplosione dell'energia vitale. Credo che sia questo il segreto della "ricetta" del sound dei Nostri, e che questo sia il motivo per cui tanti di noi si sono sempre riconosciuti nei Jethro e nella loro musica. Una doppia anima che ha sempre caratterizzato, ritengo, anche e soprattutto il gran capo Ian, il quale è individuo – e di recente alcuni di noi hanno avuto modo di conoscerlo meglio – anch'esso dalla personalità complessa: da un lato serio, misurato, organizzatore, poco estroverso, in qualche modo malinconico; dall'altro, però, pronto, da buon scozzese, al guizzo vitale, alla battuta sbracata, all'istrionica gag. Se questo è vero – ma sul punto a lungo potremmo soffermarci – si capisce cosa non va dei Jethro più recenti, o di molti dei loro lavori. Si colgono i limiti di un disco come Dot Com, bello sì, musicalmente raffinato (si pensi a "perle" come Dot Com o Wicked Windows), ma a cui manca qualcosa. Ciò che manca è proprio quell'ingrediente che ha reso la musica dei Jethro così straordinaria, unica ed inimitabile: quell'alternarsi di tristezza e di gioia, di dolcezza e di rabbia, di acustico e di elettrico, di cui si parlava. Perché la rinuncia (quasi totale) all'utilizzo della chitarra acustica? Era quella una delle armi segrete di Ian: cominciare da solo, con le poche note della sua chitarra sotto, e poi, pian piano, in un crescendo trascinante, riversare l'intera potenza del gruppo nello sviluppo musicale. Cosa rendono straordinariamente belli pezzi come Mother England Reverie o Jack-a-Lynn (e la stessa più recente Valley), se non quella celestiale dolcezza iniziale, che si "imbelvisce" in un imprevedibile finale feroce e rabbioso? In Dot Com questi chiaro-scuri, questi piano e forte, scompaiono: restano pezzi esteticamente e musicalmente inappuntabili, ma proprio per questo, salvo eccezioni, in qualche misura anonimi. Il vero fan "lombrosiano" dei Jethro, quello descritto sopra, non riesce più a riconoscere il suo vecchio amore, si trova di fronte ad un qualcosa di bello, sì, ma che non gli dà più quelle sensazioni, ed in cui egli non riesce più ad identificarsi. Se la "teoria dello sgabello" ha un fondamento, qui quello che manca è proprio quel momento, di passaggio sublime dal piano al forte, dall'acustico all'elettrico: il momento del calcio allo sgabello! Qui Ian sembra seduto su di un divano, o al massimo su di un dondolo, dall'inizio alla fine delle sue pur raffinate canzoni, monocordi e stranamente lontane da quel sound che ha reso grandi ed unici i nostri Jethro Tull. Il Vice-presidente però non demorde del tutto. Ha grande fiducia nell'attesissimo disco solo, The Secret Language of Birds, ed i pezzi sinora in qualche modo ascoltati sembrano legittimare questa fiducia: quantomeno, Ian torna a suonare la sua leggendaria chitarra acustica!

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